Papa Francesco incontra il mondo del calcio

    Meeting di grande suggestione in Vaticano: Papa Francesco ha incontrato alcuni rappresentanti del mondo del calcio e ha parlato del noto sport, del quale il Pontefice è un accanito appassionato, come un elemento di grande rilevanza per ciò che concerne l’inclusione e la condivisione tra i singoli: «Il calcio è una grande occasione per imparare a dare il meglio di sé»: questa la sintesi del pensiero del Pontefice.

    Papa Francesco incontra il mondo del calcio. Lo sport sia sinonimo di inclusione

    Sono state molto apprezzate le parole del Papa Vaticano in occasione dell’incontro «Il calcio che amiamo», organizzato dalla Gazzetta dello Sport. Tra i personaggi del mondo del calcio e non solo che vi hanno preso parte c’era anche Urbano Cairo, presidente del Torino, il quale ha ricalcato il concetto espresso da Papa Francesco asserendo: «Calcio è soprattutto sinonimo di inclusione». Cinquemila ragazzi nell’Aula Paolo VI, campioni del calcio, dirigenti e allenatori: un parterre copioso quello che ha presto orecchio alle parole con cui Papa Francesco ha voluto diffondere un messaggio di pace, di educazione, di sport. «Il calcio che amiamo», il meeting organizzato dalla Gazzetta dello Sport in collaborazione con il Ministero dell’Università e della ricerca scientifica, la Federcalcio e la Lega Serie A.

    Aggiornamento ore 09,21

    Un incontro atteso, apprezzato, nel quale si sono affrontati diversi temi attorno a cui legare i concetti su cui dovrebbe vertere il calcio come tutti gli altri sport: divertimento, educazione, inclusione. Il Papa, che come è noto è fan di una squadra argentina in particolare (il San Lorenzo) è tifoso però soprattutto dei concetti che devono stare dietro al pallone: «Dietro a una palla che rotola c’è sempre un ragazzo con i suoi sogni. Durante l’attività sportiva non sono coinvolti soltanto i muscoli, ma tutta la persona, e l’anima. Lo sport è una grande occasione per dare il meglio di sé: con sacrificio e impegno, ma soprattutto non da soli. In un momento in cui è facile creare legami a distanza grazie alle nuove tecnologie, il pallone diventa un mezzo per invitare le persone reali a guardarsi in faccia, per sfidarsi e mettere alla prova le proprie abilità. Il calcio è un gioco di squadra: non ci si può divertire da soli. E se vissuto così può fare bene alla testa e al cuore in una società che esaspera il soggettivismo. “, ha dichiarato il Papa agli astanti. Per poi corroborare e impreziosire il suo concetto. “A volte la parola gioco viene dimenticata e sostituita da altre parole: il calcio è un gioco è tale deve rimanere La panchina non è un’umiliazione, ma la possibilità per un altro di poter crescere. Al di là della partita, c’è la vita che ci aspetta. E agli allenatori dico: tutto ciò che fate resterà come insegnamento ai vostri ragazzi. Non trasformate i sogni dei vostri ragazzi in facili illusioni, non insegnate scorciatoie: possiate essere sempre complici del sorriso dei vostri atleti».

    Aggiornamento ore 12.32

    Ad anticipare l’intervento di Papa Francesco all’interno dell’incontro «Il calcio che amiamo», organizzato dalla Gazzetta dello Sport (con il Ministero dell’Università e della ricerca scientifica, la Federcalcio e la Lega Serie A), la lettera del presidente del Torino, Urbano Cairo. «Il calcio che amiamo è quello dei giovani, che rappresentano il nostro futuro. Quante volte, noi adulti, ci sproniamo a fare squadra? Un concetto mutuato dallo sport e che il calcio, soprattutto, ci ha insegnato fin da bambini. Fare squadra sul campo significa misurarsi con la condivisione e la convivenza. Ma anche misurarsi con il valore del rispetto: per queste stesse persone, per gli spazi comuni e per le regole imposte dal gioco.”, ha scritto il noto editore. “Calcio è soprattutto sinonimo di inclusione: pensiamo a quando, da ragazzi, nel cortile dell’oratorio o al parco andavamo in cerca di altri bambini per poter fare squadra. “Vuoi giocare con me?” è uno dei primi gesti di accoglienza che un bambino possa manifestare: verso ragazzi più grandi, più piccoli, con disabilità o che siano di altre nazionalità, culture e religioni. Senza mai dimenticare quale sia l’obiettivo di un ragazzo che prende a calci un pallone: divertirsi. Perché il calcio diverte ed è fatto per divertirsi». 

    Aggiornamento ore 18,52