PIOMBINO – INFERMIERA SI DIFENDE: ‘NON SONO UN KILLER MA SOLO CAPRO ESPIATORIO’. IL LEGALE DIFENSIVO ACCUSA: ‘PRESUNZIONE DI COLPEVOLEZZA ANZICHÉ PRESUNZIONE DI INNOCENZA’

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    Si dice completamente estranea ai fatti, l’infermiera che, secondo l’accusa, avrebbe ucciso 13 pazienti ricoverati nel reparto di rianimazione e terapia intensiva dell’ospedale di Piombino (Livorno), tra il 2014 e il 2015, con’bombe’ di Eparina(iniezioni letali dieci volte superiori alla somministrazione ordinaria nei casi in cui il farmaco è prescritto). L’infermiera ‘killer’, così ribattezzata dai media, è stata arrestata mercoledì sera all’aeroporto di Pisa, di rientro da una viaggio a Parigi, dove lavora uno dei figli in ambito della ristorazione. La donna, ora, si trova nella sezione femminile del carcere “Don Bosco” di Pisa, luogo dove il 4 aprile, avverrà l’interrogatorio di garanzia davanti al gip del Tribunale di Livorno, Antonio Prato. “Non sono un killer ma uncapro espiatorio per morti inspiegabili – sottolinea l’infermiera – Io sono innocente”. Pesante la presa di posizione del legale difensivo della donna, l’avvocato Cesarina Barghini, che taccia l’assistita di persecuzione mediatica preventiva. “La mia assistita è innocente e lo dimostrerà – dice l’avvocato -. Ha sempre svolto il suo lavoro correttamente e adesso si trova a dover rispondere di accuse infamanti. Non ci sono prove e non ci sono neppure indizi concordanti e gravi; l’unico indizio contro di lei, è la sua presenza in reparto in epoche vicine ai decessi, neppure nel momento di tutti gli episodi contestati. E’ evidente che prima è stato trovato il capro espiatorio di questi decessi e poiè stato creato il vestito per l’assassina- commenta il legale – In questa vicenda si parte dalla presunzione di colpevolezza anziché dalla presunzione di innocenza dell’arrestata”. Sulle voci di problemi di alcolismo o depressione, l’avvocato dichiara: “Non ha mai abusato di alcol, a parte un bicchiere di vino durante i pasti a tavola. Non credo che ciò possa essere sufficiente per definire una donna alcolista ed a parte un episodio di depressione risolto tempo fa, la mia assistita non usava abitualmente psicofarmaci e usava farmaci solo per curare l’epilessia”. “Nella ricostruzione operata dagli inquirenti – afferma Barghini -non emergono, infatti, elementi certi se non la presenza della mia assistitaal momento degli eventi, che di per se non può essere sufficiente. Inoltre, le si stanno attribuendo 13 eventi di somministrazione di eparina, quando in realtàgli approfondimenti sulla causa delle morti sono stati fatti solo in relazione a 2/3 casi e si tratta comunque di accertamenti di parte, svolti senza un contraddittorio, senza alcuna possibilità di partecipazione dell’indagata che avrebbe potuto avvalersi di propri consulenti, come accade nell’incidente probatorio. Ipotizzando – continua – anche che questi accertamenti siano attendibili e corretti, stiamo parlando di 3 ipotesi che non sono ancora sufficientemente riconducibili alla signora. Saremmo sì in presenza di una volontà omicida, che indica, quindi, la mano dell’uomo, ma visto chenon ci sono prove e/o indizi granitici di colpevolezza,mi chiedo – sottolinea il legale – di fronte a un quadro complessivo di questo tipo, se nessuno si sia ancora posto il problema che il vero killer sia sempre a piede libero e, magari, una volta esaurita la gogna mediatica nei confronti della mia assistita, torni in azione”.

    D.T.