PRONTO SOCCORSO – UN MONITORAGGIO EFFETTUATO DA CITTADINANZATTIVA E SIMEU IN 93 OSPEDALI NON LASCIA SPERANZE: ATTESE FINO A 2 GIORNI E POCHI POSTI LETTO

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    Conferma purtroppo l’insanabilità di alcuni settori fondamentali dell’assistenza ospedaliera, l’esito del monitoraggio deipronto soccorso italiani, effettuato dal Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva e da Simeu (Società italiana della medicina di emergenza-urgenza), per valutare l’efficacia dei servizi d’emergenza sanitaria. Presentato stamane, il monitoraggio è stato effettuato in 93 strutture di emergenza urgenza, ed ha registrato le testimonianze di 2.944 tra pazienti e familiari di pazienti intervistati e misura accessi, ricoveri e tempi di attesa di 88 strutture. E come dicevamo, non se ne esce: tempi di attesa infiniti (addirittura fini a 2 giorni), sovraffollamento, poco personale, scarsa attenzione al dolore e mancata comunicazione con i pazienti. Emerge una situazione “molto disomogenea fra strutture del Nord, del Centro e del sud. Anche all’interno di una stessa regione, con differenze spesso sostanziali di organizzazione del servizio in base alla complessità del servizio, pronto soccorso, Dea di I o Dea di II livello”, spiega il coordinatore nazionale del Tdm di Cittadinanzattiva, Tonino Aceti. “Il Ps rappresenta per i cittadini un punto di riferimento irrinunciabile, nel quale nutrono fiducia. C’è bisogno di una migliore e più trasparente gestione dei posti letto per evitare affollamenti, il sovraccarico del personale e garantire la dignità delle persone. E’ grave – conclude Aceti – che solo il 45% dei Dea I livello abbia conoscenza in tempo reale dei posti letto disponibili nei reparti di tutta la struttura. E chiediamo che la presenza del familiare sia un diritto e non un favore da chiedere di volta in volta”. Oltre agli assurdi tempi d’attesa (distinguendo fra l’attesa per il triage all’arrivo in pronto soccorso, quella per il primo accertamento diagnostico e il tempo che passa per il ricovero in altro reparto alla fine del percorso in emergenza), un’altra pecca che salta agli occhi, sono gli spazi per le attese ’attrezzati’ per ibambini; quasi assenti le barriere architettoniche, mentre molto presenti sono quelle sensoriali; dotazioni di sedie a rotelle, barelle e elevatore per grandi obesi sono presenti prevalentemente al nord. L’Obi (osservazione breve intensiva) risulta sovraffollata nel 33% dei pronto soccorso, 38% Dea I livello, 24% Dea II livello.Il monitoraggio ha anche valutato il grado di attenzione alla registrazione e alla cura del dolore nelle persone ricoverate nelle strutture di emergenza-urgenza. Cresce la presenza di formali procedure per la valutazione del dolore durante il triage: 60% nei Pronto soccorso, 72% nei Dea di I livello, 74% nei Dea di II livello. La procedura di rivalutazione del dolore in tutto il percorso del paziente al Pronto soccorso viene svolta da poco più del 60% delle strutture monitorate. Ancora minore è il numero di strutture che ha formalizzato delle linee guida per la gestione del dolore in emergenza-urgenza: soltanto il 47% nei Ps, il 66% nei Dea di I livello, il 61% nei Dea di II livello. “E’ di fondamentale importanza – afferma Maria Pia Ruggieri, presidente nazionale Simeu (Società italiana della medicina di emergenza-urgenza) – che medici, infermieri e pazienti con i loro familiari si sentano dalla stessa parte nella tutela e nella promozione dei prestazioni del servizio sanitario nazionale a partire proprio dall’emergenza, per il rafforzamento di una responsabilità collettiva verso il bene pubblico e di un forte senso di cittadinanza comune: questo è il significato ultimo del monitoraggio e della Carta dei diritti che abbiamo condiviso con il Tdm“.