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    Seid, parla il padre: “Sì, il razzismo c’entra. Ora me ne rendo conto”

    Il razzismo c’entra eccome nella morte di Seid Visin, che il 3 giugno si è tolto la vita a soli 20 anni. Sognava di fare il calciatore, ha indossato anche la maglia del Milan, condiviso lo spogliatoio con Gigio Donnarumma. Ma nemmeno il sogno lo ha salvato. I tormenti di una vita lo hanno schiacciato: “Ovunque io vada, ovunque io sia, sento sulle mie spalle come un macigno il peso degli sguardi scettici, prevenuti, schifati e impauriti delle persone”, scriveva in una lettera pubblicata dall’associazione Mamme per la Pelle.

    Inizialmente il padre Walter, sconvolto dall’episodio, aveva allontanato l’ipotesi che a uccidere il figlio fosse stato anche il razzismo. Oggi ci ha ripensato, come racconta in un’intervista al Corriere della Sera: “In quei giorni eravamo scioccati, confusi. Mia moglie lo ha trovato in quelle condizioni… una cosa devastante. Abbiamo alzato dei muri per difenderci dal dolore e per respingere un assalto mediatico che non ci aspettavamo”.

    Continua il padre di Seid: “Non era tempo per ragionare su quello che ci era caduto addosso. Ora invece lo sappiamo: sì, il razzismo ha contato nella vita e nella morte di nostro figlio. Seid era un ragazzo che aveva dei cassetti segreti chiusi nella sua mente, c’erano dentro dispiaceri e abusi subiti in Etiopia da piccolo, contenevano tutte le sue fragilità. Questo ha certamente contato nella sua decisione di togliersi la vita. Ma in quella decisione c’è anche il razzismo che ha vissuto come ragazzo nero qui in Italia”

    “Quand’era a Milano qualcuno aveva urlato “togliete quel nero di m…. dal campo”. A Nocera era più protetto, ci conoscono tutti – racconta Walter – Eppure sono successe piccole cose anche qui, cose che ora vedo in una luce diversa perché le guardo con i suoi occhi. Una volta aveva provato a lavorare in un bar. Era tornato a casa e ha detto: “Mamma non voglio più andarci, perché un vecchio non ha voluto essere servito da me”. Quell’uomo era un analfabeta ignorante ma lui l’aveva vissuta male lo stesso. E poi quando mia moglie lo accompagnava in stazione a volte vedeva da lontano che la Polfer si avvicinava subito per controlli. Lei lo chiamava: “Seid, amore, allora vengo a prenderti io al ritorno”. E i poliziotti capivano e si allontanavano”.