SI CHIUDE IL PROCESSO PER UNA COCA-COLA, DURATO 6 ANNI di Daniele Russo

    Immagine - Lattina coca-cola  

    È iniziato tutto il 12 agosto del 2008 quando, arso dal caldo, il 31enne Youssef prende una lattina dallo scaffale di un supermercato di Mondovì, spinge la linguetta e manda giù. Un vigilante lo vede e l’uomo viene denunciato per furto aggravato dalla “violenza sulle cose”, cioè dalla apertura della lattina per essersi, dunque, tracannato una bevanda dal valore di ben un euro e venti centesimi. Condannato con decreto penale, fa appello assistito dall’avvocato Fabrizio Bruno di Clarafort, secondo il quale si può parlare al massimo di furto semplice, dato che non c’è stata alcuna violenza, perché per bere la lattina, doveva pur essere aperta. Il gup non dà retta e il 22 aprile 2009 condanna il marocchino a 2 mesi di carcere e 100 euro di multa con la condizionale. Si va in corte d’appello. Arenato per quasi sei anni (un altro e si sarebbe prescritto), ieri il fascicolo riemerge in aula. I giudici danno ragione alla difesa e il furto diventa “semplice”, e dato che il negozio non ha fatto querela, indispensabile per procedere, l’imputato viene prosciolto. Youssef non lo saprà mai, ammesso che ancora gliene importi: mentre la giustizia italiana procedeva inesorabile, lui è tornato in Marocco.Questa è la storia di uno dei tanti processi dalla dubbia rilevanza che intasano i tribunali e costano tempo e denaro.