Taglio alle pensioni ai perseguitati politici e razziali, l’Ucei denuncia ma il Mef smentisce

    Un caso particolarmente spinoso e che ha generato una serie di polemiche quello legato al presunto taglio alle “pensioni di guerra e assimilati, perseguitati politici e razziali”. La denuncia era arrivata dall’Ucei, l’associazione nazionale delle comunità ebraiche, che aveva fatto riferimento a una tabella allegata al decreto fiscale da poco pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Poi però è arrivata la risposta del Tesoro e della sottosegretaria all’Economia, Laura Castelli, che ha cercato di sminare il caso. “Restiamo sgomenti dinanzi a questa decretazione indifferente con la quale il governo italiano, proprio nell’ottantesimo anniversario delle leggi razziste del 1938, intende promuovere l’oblio, anziché rafforzare la memoria di quanto accaduto, attraverso la cancellazione di quell’unica misura in qualche modo riparatoria, stabilita tardivamente”, ha scritto in una lettera al quotidiano La Stampa la presidente dell’Ucei, Noemi Di Segni. La notizia, però, è stata smentita con forza dalla sottosegretaria all’Economia, Laura Castelli: “Smentiamo in modo categorico che sia stato tolto anche solo un euro dall’assegno per le vittime delle leggi razziali e per i perseguitati dal fascismo per motivi politici”. Il decreto legge fiscale utilizza i 50 milioni di euro destinati nel 2018 al sostegno dei pensionati di guerra e perseguitati politici e non spesi. Secondo quanto si legge nella tabella allegata al provvedimento, nessuna di queste risorse risulta ’predeterminata per legge’: “Si tratta di avanzi. Abbiamo pagato e pagheremo tutti. Queste sono risorse non spese e non riguardano il futuro. Si tratta di uno spostamento di soldi non utilizzati”, ha concluso la sottosegretaria.
    Una posizione ribadita anche da una nota ufficiale del Tesoro, giunta all’ora di pranzo, nella quale il Mef ha dettagliato che “i titolari degli assegni non subiranno alcuna decurtazione” e che il decreto fiscale “ha semplicemente operato un allineamento dello stanziamento in bilancio alla effettiva erogazione delle risorse in base ai diritti soggettivi degli interessati. Ma non sono state introdotte misure che limitano il beneficio o i requisiti di accesso”.
    Rassicurazioni accolte con favore dalla stessa Ucei, che in un comunicato diffuso in tarda mattinata ne ha preso atto: “Secondo gli aggiornamenti ricevuti e accolti con sollievo dall’Ucei gli importi cancellati nel provvedimento fiscale fanno riferimento ad avanzi di bilancio derivanti dalla normale diminuzione del numero degli assistiti. Tali importi vengono così rimessi a disposizione del bilancio generale dello Stato. L’Unione delle Comunità ebraiche italiane prende atto di tali opportune precisazioni e prosegue nel proprio impegno per semplificare la procedura prevista oggi dalla legge e per la risoluzione dei casi tutt’ora pendenti e in attesa di riconoscimento di benemerenza dai perseguitati”.
    Si tratta di pensioni molto basse: circa 480 euro per gli ebrei colpiti dalle leggi razziali (circa 2.000 ancora in vita, calcola l’Ucei), un po’ di più, circa 600, per gli ex deportati nei campi nazisti, ridotti ormai a poche decine di sopravvissuti, spiega il presidente dell’Aned, Dario Venegoni: “I miei genitori, entrambi deportati, sono morti ormai 30 anni fa. Questo vitalizio, non si parla di pensioni, è stato dato a tutti i deportati nei campi di concentramento definiti KZ, che fanno parte cioè di un elenco pubblicato in una Gazzetta Ufficiale della Repubblica Federale Tedesca del 1970. Si tratta di perseguitati politici, quindi all’epoca dovevano avere almeno 16 anni: c’è un’eccezione, di due quattordicenni, uno è morto a Mathausen, l’altro è ancora vivo. I pochissimi sopravvissuti sono ultranovantenni. C’è una naturale erosione degli aventi diritto: la reversibilità è prevista solo per il coniuge e in pochissimi casi anche per i figli ultrasessantacinquenni, con un tetto molto basso di reddito. C’è una diminuzione fisiologica degli aventi diritto che non ha alcun bisogno di un tagli da parte dello Stato”.L’Ucei aveva scritto a governo e Parlamento perché venisse riconsiderata la scelta fatta, “permettendo – scrive Noemi Di Segni – così a chi ha vissuto quel buio periodo della storia e a chi ha subito persecuzioni per difendere i valori oggi sanciti dalla nostra Costituzioni di continuare, per ancora una manciata di anni, di poter vivere, o meglio, sopravvivere”.