Trump sfida il Pentagono ritirando le truppe dalla Siria

    L’ordine di uscire dalla Siria entro 30 giorni è arrivato direttamente da Donald Trump, che vuole il ritiro “pieno ed immediato” di tutte le truppe statunitensi nella parte orientale del Paese, circa duemila soldati. La spiegazione della scelta su Twitter: “Abbiamo sconfitto l’ISIS, per la mia presidenza l’unica ragione per essere lì”.

    Si tratta di un altro obiettivo che il magnate sta consegnando nelle mani del suo elettorato, sperando di distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica dalle vicissitudini giudiziarie che lo affliggono. Anche se il prezzo è probabilmente quello di uno scontro duro e senza precedenti con il Pentagono, che potrebbe anche portare il segretario alla Difesa James Mattis alle dimissioni. Per giorni Mattis e i suoi più stretti collaboratori hanno cercato di dissuadere il presidente da tale decisione, per una serie di ragioni: in primis, abbandonare la Siria significherebbe lasciare il campo aperto alla Russia e all’Iran, che inevitabilmente aumenterebbero la loro influenza nella regione. Inoltre, l’ISIS è ancora presente al confine con l’Iraq e potrebbe riprendere vigore se gli Stati Uniti dovessero farsi da parte.

    Non sorprende che, dopo il tweet di Trump, il portavoce del Pentagono Dana White ha dichiarato in una dichiarazione alla stampa: “La lotta contro l’ISIS non è finita, anche se la coalizione ha liberato alcuni territori che erano nelle mani dell’organizzazione”. Farlo notare al Dipartimento della Difesa, si tradurrebbe anche in un vero tradimento delle milizie alleate curde che gli americani in quattro anni hanno affiancato, lasciandoli a sfamare una Turchia determinata a lanciare un’offensiva contro di loro. Perché per la Turchia i ribelli curdi armati addestrati dagli Stati Uniti sono terroristi, non è una coincidenza se le forze kurde-siriane hanno già parlato di “pugnalate alle spalle”, un’offesa ai molti combattenti “che hanno pagato il loro sangue in questi anni”.

    Erdogan avrebbe già avvertito dell’imminente attacco di Trump, e quest’ultimo negli scambi degli ultimi giorni aggiungerebbe anche questa tra le ragioni della sua improvvisa decisione: non mettere i soldati americani in pericolo in caso di scontro con le forze turche . Per molti osservatori, tuttavia, l’ultima decisione del tycoon, considerando i tempi, potrebbe essere solo un diversivo in un momento in cui le indagini sul Russiagate, e non solo, stanno subendo un’accelerazione. E al Congresso ci sono quelli nel campo repubblicano che criticano duramente il presidente.