Ungheria: ‘’Una vendetta meschina contro il nostro Paese’’

    L’Europa minaccia sanzioni, ma al momento non è possibile all’unanimità, quindi il grido del Parlamento europeo sembra un ruggito di topo. E soprattutto, non solo per questo motivo, il carismatico premier ungherese Viktor Orbán torna a casa vincente e più popolare che mai dalla consultazione europea che ha annunciato sanzioni contro il Paese Magyar per presunti turni autoritari e maltrattamenti di migranti. L’opposizione, in particolare i socialisti, sono deboli e divisi e sulle loro spalle pesa un passato di anni di corruzione, la società civile ora vive come in esilio interno, con pochi media indipendenti ma in un paese dominato dal leader e dai suoi amici oligarchi ma dove non ci sono né prigionieri politici né censure contro i media indipendenti stessi. Il leader sovrano europeo più dinamico e creativo, dopo tre striature in 12 anni in tre elezioni libere, se rimangono o meno nel Partito popolare europeo, sembra essere più saldamente in sella che mai, mentre l’economia continua a tirare come pochi altri nell’UE.

    Il ministro degli esteri Pèter Szíjjártó ha dichiarato: “Il voto del Parlamento europeo che raccomanda sanzioni contro di noi è una vendetta meschina e un insulto alla nazione magiara, perché abbiamo avuto il coraggio di dire che non vogliamo l’immigrazione”. Ha continuato: “È stata una vendetta contro di noi perché siamo stati in grado di dire e dimostrare che l’immigrazione non è necessaria e che è possibile opporsi all’immigrazione”.

    Secondo il capo della diplomazia magiara, il voto dimostra anche “la tendenza alle coalizioni tra socialisti e liberali popolari europei (PPE) in vista delle prossime elezioni europee”. Anche l’appartenenza a Orbán (Fidesz), partito del PPE, occupa quindi il secondo posto di fronte alla dura linea dell’orgoglio nazionale. Orbán sa che la Polonia e forse altri paesi di Viségrad possono prevenire le sanzioni, si sente al sicuro a casa più che mai. E tra pochi giorni avrà un vertice con il presidente russo Vladimir Putin, che sta ammirando per il suo modello di democrazia “sovrana e illiberale”