Venezia, studenti si rasano la testa per dire no al ritorno della nana

    Armati di forbici e macchinette, i ragazzi si sono sbarazzati dei loro capelli nel mezzo della Calle Larga che porta a San Marco, in direzione di Palazzo Fini. Gli studenti hanno organizzato un presidio mentre il progetto di legge regionale per un’iniziativa regionale per la reintroduzione della leva obbligatoria è stato presentato al consiglio regionale. La proposta prevede il ritorno alla leva o al servizio civile per 8 mesi per tutti i ragazzi e ragazze tra i 18 e i 28 anni.

    L’obiettivo della proposta, secondo il regista Massimo Giorgetti (Fi-Fdi) che ne ha illustrato il contenuto, è quello di costruire “una cultura di solidarietà per rispondere ad alcuni bisogni primari del suo territorio, dando a tutti l’opportunità di diventare utili alla società in che tutti possono sentirsi più coinvolti: la difesa civile o la difesa militare “. La scelta tra servizio civile o militare, fornito allo stesso modo per uomini e donne, può essere fatta prima che il servizio venga svolto, “compatibilmente con il percorso educativo del cittadino, che non sarà in alcun modo posto sullo sfondo”.

    Rassicurazione che non convince gli studenti. “Otto mesi per tutti i giovani, a partire dal 2021. Per noi studenti, otto mesi di studio persi”, scrivono i ragazzi. “Vogliono farci credere che studiare è qualcosa di inutile ed egoista e che solo mettendoci al servizio della ’nazione’ saremo utili alla comunità, motivo per cui nessuno investe nell’educazione, a cominciare dalla Regione del Veneto”. “Nessuna leva, signore, signore”, recita uno striscione mostrato dai manifestanti.

    Da qui la protesta studentesca. “Non possiamo accettare che ciò che per molti è una vocazione, come quella del servizio civile, sia imposto come un obbligo, perché nemmeno l’obbligo educa”. Non possiamo accettare di finire per otto mesi in caserme dove il bullismo è all’ordine del giorno, dove a volte lo stupro e il suicidio erano realtà, dove coloro che sono diversi sono facilmente discriminati “.

    “Se la Regione vuole soldati, ordinati e omologati, i nostri capelli sono il massimo che siamo disposti a dargli – continuano gli studenti – ne facessero ciò che vogliono, ma liberino il nostro futuro e il nostro tempo”. Con il gesto di tagliarsi i capelli, intendono richiamare “l’attenzione di una Regione che non ci ha mai ascoltato chiedendo più investimenti nell’istruzione e nella ricerca, per una diversa scuola e università”.