Vienna, fallisce il negoziato sul nucleare dell’Iran- di Clarissa D’artibale

    ap_john_kerry_jef_121221_wmain.jpgSi è conclusa da poche ore l’assemblea generale, tenutasi a Vienna,  nella fase finale dei negoziati fra Iran e “5+1” (Usa, Russia, Cina, Gran Bretagna, Francia, Germania) sul controverso programma nucleare di Teheran, iniziati lo scorso 18 novembre. Alla riunione erano presenti il Segretario di Stato americano John Kerry, i ministri degli Esteri della Russia Sergei Lavrov, del Regno Unito Philip Hammond, della Francia Laurent Fabius, della Germania Frank-Walter Steinmeier, della Cina Wang Yi e l’ex responsabile della politica estera dell’Ue Catherine Ashton a coordinare il gruppo.

    In teoria la data limite per il raggiungimento di un accordo o meno era stata fissata per oggi, ma in sei giorni di intensi colloqui non si è trovato ancora il pieno accordo su tutte le questioni. Mentre fra voci e smentite, ieri ha preso corpo l’ipotesi del prolungamento, di sei mesi o di un anno, delle trattative. Nelle ultime ore, si sono moltiplicati i faccia a faccia fra il segretario di Stato Usa e il ministro degli esteri iraniano, Mohammad Javad Zarif, ma fonti diplomatiche hanno smentito la svolta per ora.

    Nel frattempo il ministro degli esteri britannico, Philip Hammond ha dichiarato: “Siamo tutti impegnati per l’ottenimento di un accordo ma non vorrei fomentare false speranze. Abbiamo ancora divergenze significative e ci sono diverse questioni molto complesse da risolvere ma siamo impegnati per trovare una soluzione”.

    In effetti i nodi da sciogliere sono sostanzialmente due: da un lato il tema dell’arricchimento dell’uranio, con Teheran pronta a rispettare l’accordo sullo stop all’arricchimento del 20 per cento, considerando che a tale percentuale la bomba atomica sarebbe a portata, ma decisa a continuare a produrre combustibile per le proprie centrali nucleari. Dall’altro quello delle sanzioni: per ribadire la priorità di Teheran, la cancellazione totale delle sanzioni, in particolare quelle sull’esportazione del petrolio che strangolano l’economia del Paese.

    E la bomba è anche in cima ai pensieri del premier israeliano Benjamin Netanyahu, che ha messo in guardia Washington contro un “cattivo accordo” con l’Iran sul programma nucleare che sarebbe “un errore storico”. “Un cattivo accordo permetterebbe all’Iran di mantenere migliaia di centrifughe e arricchire l’uranio necessario per dotarsi della bomba atomica”, ha detto Netanyahu all’americana Abc. Secondo Haaretz, il premier vedrebbe con favore il prolungamento dei negoziati e il rinvio di un accordo: “Meglio nulla che una cattiva intesa”. Si attendono ora le dichiarazioni ufficiali dall’assemblea per scoprire il futuro dell’Iran.