Vertice al Viminale dove, alla presenza del ministro dellInterno Marco Minniti, i rappresentati delle Ong specializzate nei salvataggi dei migranti, si riuniscono per la firma del testo definitivo del Codice di condotta delle Ong, elaborato dal governo italiano con la Commissione europea e Frontex. Il codice (che si rivolge a Medici senza frontiere; Moas; Sos Mediterranée; Sea-Watch; Sea-Eye; Proactiva open arms; LifeBoat; Jugend Rettet; e Save the Children), prevede diverse misure atte a disciplinare lattività delle Ong attive nei salvataggi in mare. Tra queste oggetto di lunghe ed animate discussioni – il divieto di interrompere la trasmissione dei segnali (per poi entrare nelle acque libiche), limpegno ad attestare la propria idoneità tecnica, non inviare segnali luminosi per agevolare il contatto coi barconi e, non ultimo, quello di non trasbordare i migranti su altre navi. In questo contesto è dobbligo cooperare con le autorità competenti, informandole costantemente sullandamento delle operazioni di soccorso in particolar modo quando queste avvengono al di fuori delle regioni di Search and Rescue istituite – di trasmettere tutte le informazioni utili a scopo investigativo, e di ricevere a bordo i funzionari di polizia giudiziaria. Inoltre le Ong dovranno dichiarare le fonti di finanziamento e, collaborare nel recupero di barconi e motori usati dai trafficanti di uomini. Disposizioni che se non rispettate, spiega il codice, comporteranno da parte delle autorità italiane limmediato ricorso a contromisure. Tra queste la comunicazione delle le violazioni allo Stato di bandiera e allo Stato di registrazione dellOng, quindi ispezioni di sicurezza, richieste di certificazioni idonee o, tra laltro, il rifiuto di consentire lo sbarco nei porti nazionali in situazioni di non emergenza. Come ha sottolineato il ministro Minniti a proposito dei nodi più delicati e discussi del Codice, la presenza di ufficiali di polizia giudiziaria a bordo delle navi: “La polizia giudiziaria a bordo ha unazione di tutela di coloro che agiscono nellattività di salvataggio, non di altra natura – ha tenuto a precisare il ministro dellInterno – per questo non comprendo che si possa discutere la presenza di ufficiali della Polizia giudiziaria del paese dove le navi vengono accolte, e che gestisce lultimo approdo per il salvataggio”. Dal canto suo, commentando alcuni passaggi del Codice, lUnicef ha mostrato preoccupazione in quanto “potrebbe mettere a rischio molte vite, soprattutto quelle dei bambini”. Nello specifico lorganizzazione spiega (non entrando in acque libiche per effettuare salvataggi, e non utilizzando telefonate o razzi per segnalare la loro posizione alle imbarcazioni di migranti in difficoltà), i bambini potrebbero rischierebbero di essere esposti al rischio di essere rimandati in Libia senza attuare misure di protezione. Una situazione che, a detta dellUnicef, paradossalmente li esporrebbe a deprivazioni, danni e gravi violazioni, come quelle che li hanno spinti a fuggire dalle loro terre. Il vicedirettore generale dellUnicef, Justin Forsyth, “Gli obiettivi di rafforzare il quadro legislativo e di sicurezza – non importa quanto giustificabili – non devono impedire inavvertitamente le operazioni per salvare i bambini ed evitare che anneghino”.
M.