Attività illegali e evasioni fiscali: la zona grigia dell’economia vale 210 miliardi di euro

    Quanto vale la zona grigia della nostra economia? Parliamo cioè di quella che viene definita “economia non osservata”: un insieme di attività illegali come droga, prostituzione, contrabbando di tabacco e anche di tutto ciò che viene sottratto al Fisco attraverso le attività lavorative “in nero”. Numeri importanti che l’Istat ha aggiornato e che non sono affatto rassicuranti: 210 miliardi di euro è la quota calcolata dall’Istituto, ben il 12,4 per cento del Prodotto interno lordo. Se aumenta in valore assoluto (erano 190,2 miliardi nella rilevazione sul 2015), la crescita di questa zona grigia dell’economia è inferiore a quella del reddito nazionale nel suo complesso, tanto che nella rilevazione precedente l’incidenza sul Pil era pari al 12,6 per cento.
    Il sommerso fa la parte del leone, visto che gli statistici gli attribuiscono un valore aggiunto di poco meno di 192 miliardi di euro, mentre quello connesso alle attività illegali (incluso l’indotto) arriva a circa 18 miliardi. “Le stime al 2016 confermano la tendenza alla discesa dell’incidenza della componente non osservata dell’economia sul Pil dopo il picco del 2014”, dice l’Istat: “Si riscontra infatti un’ulteriore diminuzione di 0,2 punti percentuali dopo quella di 0,5 punti registrata nel 2015”.

    Poche variazioni anche nella “torta” dell’economia che sfugge alle vie ufficiali: “Nel 2016, la componente relativa alla sotto-dichiarazione pesa per il 45,5% del valore aggiunto (circa -0,6 punti percentuali rispetto al 2015). La restante parte è attribuibile per il 37,2% all’impiego di lavoro irregolare (37,3% nel 2015), per l’8,8% alle altre componenti (fitti in nero, mance e integrazione domanda-offerta) e per l’8,6% alle attività illegali (rispettivamente 9,6% e 8,2% l’anno precedente)”.
    Dove colpisce maggiormente il sommerso? Secondo la ricognizione dell’Istat, nelle ’Altre attività dei servizì (33,3% nel 2016), poi nel settore ’Commercio, trasporti, alloggio e ristorazionè (23,7%) quindi nelle ’Costruzionì (22,7%), in linea con quanto osservato in precedenza. “Anche il peso della sotto-dichiarazione sul complesso del valore aggiunto risulta più rilevante nei medesimi settori: 16,3% nei Servizi professionali, 12,4% nel Commercio, trasporti, alloggio e ristorazione e 11,9% nelle Costruzioni. Nel Manifatturiero, l’incidenza è relativamente elevata nella Produzione di beni alimentari e di consumo (7,5%) e molto contenuta nella Produzione di beni di investimento (2,3%)”, aggiunge il rapporto.
    Quanto al lavoro nero, “incide maggiormente nel settore degli Altri servizi alle persone (con un peso del 22,8% nel 2016), dove è principalmente connessa al lavoro domestico, e nell’Agricoltura, silvicoltura e pesca (16,4%)”. Si calcola che i lavoratori irregolari siano stati oltre 3milioni e 700mila, con una larghissima maggioranza (2 milioni 632 mila) di dipendenti, in lieve diminuzione rispetto al 2015 (rispettivamente -23 mila e -19 mila unità). Il tasso di irregolarità, calcolato come incidenza delle unità di lavoro (ULA) non regolari sul totale, è pari al 15,6% (-0,3 punti percentuali rispetto all’anno precedente). L’incidenza del lavoro irregolare è particolarmente rilevante nel settore dei Servizi alle persone (47,2% nel 2016, in calo di 0,4 punti percentuali rispetto al 2015), ma risulta significativo anche nei comparti dell’Agricoltura (18,6%), delle Costruzioni (16,6%) e del Commercio, trasporti, alloggio e ristorazione (16,2%).

    Le attività illegali considerate nella compilazione dei conti nazionali hanno generato poco meno di 18 miliardi di euro di valore aggiunto (compreso l’indotto), con un aumento di 0,8 miliardi, sostanzialmente riconducibile alla dinamica dei prezzi relativi al traffico di stupefacenti.