Banche nel pallone e finanza creativa

    La puntata di oggi (23 aprile) di “Buona Parola a Tutti” è tornata ad affrontare il problema della sfiducia, ormai consolidata, dei risparmiatori nell’istituzione creditizia. Sfiducia in quelle banche che oggi sembrano legate a fil doppio con investitori internazionali, società calcistiche quotate in borsa, e grandi speculatori che investono in finanza creativa ed immagine, social network e scommesse sportive. Hanno affrontato il problema in studio il dottor Manlio Lo Presti (economista, storico, già direttore del Monte dei Paschi di Siena) e Renato Miele (già calciatore di serie A nella storica Lazio di Chinaglia e oggi avvocato penalista ed esperto di diritto societario delle squadre di calcio). Il Monte dei Paschi è secondo gli esperti maltesi delle banche sportive (quelle che operano il money transfer per il gioco e sono di diritto anglomaltese) la banca che ha avuto più interessi nel gioco rispetto a tutte le istituzioni creditizie italiane: un affare quello senese che ha spaziato dal calcio al basket passando per lo storico Palio. La tempesta finanziaria che s’è abbattuta sul Monte dei Paschi ha di fatto colpito un grosso pezzo dello sport italiano. Per anni il Monte ha foraggiato con contributi diretti, sponsorizzazioni e partnership un intero ventaglio d’iniziative sportive, forse privilegiando l’investimento calcistico rispetto a quello manifatturiero. L’amministratore delegato di Mps Fabrizio Viola trattava con le tifoserie le sponsorizzazioni tra la banca e la squadra. Un rapporto decennale, che ha visto il brand dell’istituto o dei suoi prodotti (come Mps Vita) accompagnare le maglie bianconere nell’Olimpo della A. Ma quanto impatta la sponsorizzazione sui conti d’una banca? “Cifre considerevoli – spiega Renato Miele – investite nel calcio da parte delle banche, ma anche ricavi capogiro dai diritti tv. Il 15,3 per cento del fatturato complessivo del bancario oggi viene dal calcio”. Secondo Manlio Lo Presti “molti consulenti finanziari sono stati troppo spregiudicati nel consigliare titoli di società quotate in borsa, dal calcio a prodotti vari, promettendo guadagni da capogiro”. “Io afferma – Lo Presti – non ho mai consigliato investimenti azzardati, conscio del pericolo che s’annidava dietro guadagni da favola. C’è gente che ha perso tutto. E’ importante badare al profilo del cliente, a chi è sprovveduto non si può consigliare ciò che invece piace allo speculatore abituale”. “Oggi per le piccole squadre non è facile trovare aziende munifiche – racconta Miele – soprattutto in caso di retrocessione. Le piccole banche locali hanno operato una stretta creditizia che spazia dal manifatturiero allo sportivo, passando per credito al consumo e i mutui prima casa”. Scorrendo i passati bilanci del Monte dei Paschi, si che il guppo Mps ha rivestito anche il ruolo di finanziatore della squadra, poiché permetteva l’utilizzo di scoperti temporanei sui conti correnti e ne anticipava le fatture, con operazioni di factoring. E ancora: i debiti del team calcistico verso le banche, che negli scorsi esercizi erano pari a 3 milioni di euro, si riferiscono in massima parte a scoperti di conto corrente presso Banca Mps. “Il risparmiatore piccolo e medio, in massima parte non è contento di questi investimenti da parte delle banche – dice Lo Presti -. I crac bancari e quelli calcistici s’assomiglieranno sempre più”. Oggi le banche straniere del gioco sono alle spalle delle multinazionali delle scommesse, fanno traffico di valuta e stati e fisco sono sempre più impotenti. “Tra Bitcoin, bloc chain, multinazionali del gioco – chiosa Lo Presti – nessuno investe più nel lavoro tradizionale”.  Ruggiero Capone