Calabria: 53 persone indagate per disastro ambientale

    Un mare avvelenato a causa di fanghi inquinanti, acque reflue sversate e residui di depurazione abbandonati nell’ambiente. A Reggio Calabria le condizione ambientali sono disastrose per colpa – secondo la procura della Repubblica di Reggio Calabria – delle società che dal 2011 ad oggi sono state incaricate della depurazione, ma anche di chi nei Comuni doveva vigilare e non lo ha fatto. Reati come omissione di atti d’ufficio e disastro ambientale sono quelli che ora pendono sulla testa di cinquantatré persone fra sindaci, commissari prefettizi, dirigenti e funzionari comunali, manager di società di gestione dei depuratori.?Fra loro ci sono due dei sindaci di Reggio Calabria, l’attuale primo cittadino Giuseppe Falcomatà, e il suo predecessore, Demetrio Arena, più Giuseppe Raffa che ha esercitato da facente funzioni e i commissari della terna prefettizia che hanno gestito la città negli anni del commissariamento per mafia, Vincenzo Panico, Gaetano Chiusolo, Vincenzo Castaldo, Dante Piazza e Carmelo La Paglia. In parole povere, per ben sette anni nessuno si è mai preoccupato di controllare la depurazione da cui la qualità delle acque dipende. “L’avviso di garanzia è un atto dovuto” chiarisce il procuratore capo Giovanni Bombardieri. Saranno le indagini, tutt’ora in corso, a chiarire con precisione le responsabilità dei singoli indagati. “Ma avevamo la necessità di intervenire al più presto sui depuratori per evitare ulteriori compromissioni dell’ambiente”.
    Per ordine del tribunale, 14 impianti, sparpagliati per tutto il Reggino, da Bagnara Calabria a Melito Porto Salvo, sono stati sequestrati e affidati ad un commissario incaricato di riportarli a regime. “Sono impianti fondamentali, per questo abbiamo chiesto e ottenuto il sequestro con facoltà d’uso e l’affidamento ad un commissario che ne possa garantire il corretto funzionamento – dice Bombardieri – La Regione si è impegnata a finanziare gli interventi necessari”. Per ogni depuratore, la Guardia Costiera ha individuato “una serie variegata, reiterata e protratta nel tempo, di illiceità penali” dicono gli inquirenti che “hanno prodotto, nel corso del tempo, e stanno producendo tuttora, pesanti impatti inquinanti e di deterioramento, con sostanziale compromissione dell’ambiente”.
    Ma nessuna delle amministrazioni che si sono avvicendate alla guida dei Comuni sembra essersi mai accorto di nulla. “Quello che dispiace – sottolinea il procuratore Gerardo Dominijanni –  è che debba essere la Procura a intervenire perché qualcuno non ha fatto il proprio dovere e qualcun altro non ha controllato. Molti di questi impianti sono già stati sequestrati in passato, c’erano state precise prescrizioni per la messa in regola ma non è stato fatto nulla”. In quasi tutti gli impianti sono stati riscontrati malfunzionamenti, compressori, misuratori di portata ed elettropompe mancanti o mai sostituiti, by-pass non autorizzati e innumerevoli sono stati i casi accertati di smaltimento illecito dei fanghi e dei residui – il cosiddetto “vaglio di grigliatura” – prodotti dagli impianti. Illeciti che si sono tradotti in mare sporco e inquinato – è emerso nei mesi scorsi dalle indagini Arpacal – fino alla non balneabilità.?Ma questo non è che l’ennesimo capitolo della triste saga della depurazione calabrese. Con oltre 30 impianti sequestrati, il Reggino è sul podio dei peggiori in regione. Solo qualche mese prima del maxisequestro di stamattina, la Guardia costiera aveva messo sotto sigilli l’impianto di Brancaleone, sulla costa jonica, prima ancora Gioia Tauro e Mammola. E ovunque il copione si ripete uguale a se stesso: impianti vetusti, con manutenzione mai fatta o gestita a risparmio, acque reflue sversate direttamente a mare o nei corsi d’acqua, fanghi e residui abbandonati. Ma se Reggio e la sua provincia piangono, di certo la Calabria tutta non ride. In regione sono oltre sessanta gli impianti sequestrati perché carenti o inadeguati. Non a caso, nella procedura di infrazione che nel maggio scorso ha portato alla condanna dell’Italia a una maximulta per il pessimo trattamento delle acque reflue, la Calabria è stata uno dei principali motivi di condanna.?Secondo la Corte di giustizia europea, 18 agglomerati urbani calabresi, già finiti al centro di una precedente procedura di infrazione, continuavano a presentare sistemi depurativi inadeguati. Secondo Legambiente la Regione Calabria ha una potenzialità di depurazione pari a 2.786.725 abitanti su un totale di 3,7 milioni, cioè il 75 % del totale. Un dato che però si abbassa a poco più del 51% del carico generato se i parametri di riferimento sono quelli previsti dalle normative europee. “Si porti a termine la vera grande opera pubblica di cui necessita la Calabria: l’attento monitoraggio degli impianti di depurazione esistenti, il loro corretto funzionamento e un programma di interventi di efficientamento e adeguamento che permetterebbe una volta per tutte di uscire dall’emergenza depurativa che rischia di compromettere irrimediabilmente una delle maggiori risorse di questo territorio” è l’appello che la storica associazione ambientalista fa da anni. Ma al netto delle dichiarazioni di intenti, nessuno sembra avere al momento intenzione di accoglierlo.