Caso Cucchi, il Comandante Nistri:

    Sta facendo discutere ormai da settimane la recente svolta del caso Cucchi, in seguito alle dichiarazioni dell’ufficiale Tedesco in sede di processo. Il brigadiere, come molti sapranno, ha “rotto il silenzio” accusando due colleghi di aver materialmente eseguito il pestaggio che avrebbe causato la morte di Stefano Cucchi nell’ottobre 2009. A prendere la parola è stato anche il Comandante Generale dell’Arma Generale Giovanni Nistri, con un eloquente “Chi sa parli”. Questo l’appello del Comandante, intervistato a ’Porta a Porta’, che si è detto “lieto che uno dei militari presenti quella sera (il brigadiere Tedensco n.d.r) abbia detto la sua verità: questo vuol dire che questa verità adesso potrà entrare a pieno titolo nel processo insieme con tutte le altre evenienze che sono state accertate nel frattempo dall’autorità giudiziaria, e dunque questo sarà un passo in più verso una definizione della vicenda”.
    Alla domanda di Vespa se l’istruttoria disciplinare nell’arma andrà avanti ad ogni livello Nistri ha risposto: “questo è poco ma sicuro. Intanto siamo lieti che l’autorità giudiziaria stia procedendo perchè infine si avrà una perimetrazione completa delle responsabilità. Che si tratti di responsabilità commissive piuttosto che di responsabilità omissiva nei controlli eventualmente piuttosto che in altre ipotesi anche diciamo di disattenzione o di agevolazione” Ribadendo anche: “Io ne approfitterei per dire una cosa che deve essere molto chiara. L’Arma non solo andrà fino in fondo per la parte di competenza e io ribadisco la necessità che un carabiniere ha il dovere morale prima ancora di giuridico di dire la verità e la deve dire subito. Quindi questa è l’occasione. Chi sa parli. Perchè un carabiniere deve rispettare il proprio giuramento se vuole essere un carabiniere. Chi esce da questa regola e viene ritenuto responsabile di gravi fatti non è degno di indossare la divisa”. E a proposito delle presunte ritorsioni su Riccardo Casamassima, l’appuntato che con le sue dichiarazioni fece riaprire il processo, Nistri sottolinea: “L’Arma non fa dispetti a nessuno, quando deve procedere lo fa in presenza di dati oggettivi: abbiamo proceduto nei confronti di personale che ha ottenuto ricompense al valore militare se successivamente sono emersi atti o fatti non compatibili con l’essere carabinieri”. “Per esempio – ha proseguito il comandante generale in audizione davanti alle Commissioni riunite Difesa – avere dei rapporti con pregiudicati per spaccio e traffico di stupefacenti, rapporti che sono tradotti in intercettazioni ambientali, poi riportati in udienza da un funzionario della Polizia di Stato, il solo fatto di avere rapporti amicali con un detenuto – a prescindere dalla finalità di questi rapporti – per me comporta la necessità di procedere disciplinarmente, comunque si chiami, e non si può venire a dire che si sta facendo un’opera di mobbing perchè non si tratta di questo”. “Inconfessabili accordi con il pm” e in particolare “la promessa derubricazione della imputazione elevata nei confronti del cliente in quella di favoreggiamento, reato allo stato già prescritto, anche a costo di aggravare la posizione di tutti gli altri imputati”. E’ quanto scrive l’avvocato Bruno Giosuè Naso, difensore del maresciallo Roberto Mandolini, in una lettera aperta indirizzata all’avvocato Francesco Petrelli, difensore proprio di Francesco Tedesco e alle Camere penali. Tedesco, coimputato con i carabinieri Raffaele D’Alessandro e Alessio di Bernardo per omicidio preterintenzionale, ha accusato i due militari del pestaggio di Cucchi.
    Le recentissime rivelazioni, dopo 9 anni di silenzio, del carabiniere Francesco Tedesco sul pestaggio subito nella caserma della Stazione Appia da Stefano Cucchi non solo rappresentano una svolta significativa dell’intera vicenda a livello processuale ma segnano anche la rottura di rapporti decennali di amicizia e stima tra i difensori degli altri imputati.
    Questo è quanto emerge da una lettera che l’avvocato Giosuè Bruno Naso, difensore del maresciallo Roberto Mandolini (comandante nel 2009 di quella stazione), ha indirizzato a Francesco Petrelli, il penalista che assieme al collega Eugenio Pini difende proprio Tedesco, rendendola nota anche a tutta la Camera penale.
    Per Naso, le dichiarazioni rese in almeno tre interrogatori dal militare che è accusato di omicidio preterintenzionale assieme ad Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro, da lui descritti come gli autori del pestaggio a poche ore dall’arresto di Cucchi, sarebbero la conseguenza di “inconfessabili accordi” tra i suoi difensori e il pm. “Stiamo celebrando il dibattimento e in un processo di tale delicatezza, in un processo condizionato come pochi altri da fattori stravaganti ed extraprocessuali – scrive Naso a Petrelli – e tu che fai? accompagni il tuo assistito nell’ufficio del pm perchè questi conduca un’indagine parallela e riservata rispetto a quella in corso con innegabili, inevitabili se non addirittura perseguiti effetti di condizionamento su quello che sarà il di lui contributo dibattimentale?”
    “Francesco – è lo sfogo di Naso – se non ti conoscessi da decenni, se non riconoscessi in te qualità professionali di eccellenza, se non avessi apprezzato in numerosi altri processi la tua preparazione, la tua competenza, la tua abilità strategica, sarei costretto a pensare che hai smarrito all’improvviso e tutto in una volta il tuo corposo corredo professionale. E allora se non sei così, la ragione che ai miei occhi appare inconfessabile ma assolutamente chiara è la promessa derubricazione della imputazione elevata nei confronti del tuo cliente in quella di favoreggiamento, reato allo stato già prescritto, anche a costo di aggravare la posizione di tutti gli altri imputati”.
    A parti invertite, “non riesco a trovare nulla, ma proprio nulla, che io avrei fatto così come hai fatto te”, fa sapere Naso che si ritiene “offeso e tradito nel rapporto di colleganza e di amicizia.
    Minacce di morte, intanto per Eugenio Pini, l’altro avvocato di Francesco Tedesco. Il legale ha presentato querela in Procura a Roma, per “tutelare me stesso”, ha detto. Nella telefonata, che potrebbe essere stata registrata, una voce dall’accento siciliano e non camuffata ha detto all’avvocato: “Lei sa chi mi ricorda? Rosario Livatino”, facendo riferimento al giudice ucciso dalla mafia e aggiungendo in seguito: “La seguirò, non solo spiritualmente”. “Sono assurde, gravissime e infondate le accuse rivoltemi dall’avvocato Naso”. Così, in una nota, Francesco Petrelli replica a Naso.”È semplicemente impensabile – fa sapere Petrelli – che un avvocato, per colleganza o, peggio ancora, per amicizia, possa violare il segreto istruttorio ed il riserbo assoluto di una indagine. Ed è altrettanto inaccettabile che si voglia sovrapporre indebitamente la figura del difensore a quella dell’assistito e si confondano i rapporti personali e professionali fra colleghi con le scelte processuali degli imputati. Il carabiniere Tedesco ha fatto una scelta difficile e coraggiosa e non vi è nulla di “inconfessabile” nei motivi che lo hanno indotto a denunciare i fatti e le responsabilità altrui, nè nei modi in cui tale contributo di verità è stato fornito all’autorità giudiziaria”.