ERGASTOLO CONFERMATO: PER I GIUDICI BOSSETTI UCCISE YARA. I LEGALI: ‘RICORREREMO IN CASSAZIONE’

    Dopo 15 ore di camera di consiglio, quando la mezzanotte era passata da mezzora, i giudici della corte d’assise d’appello di Brescia hanno emesso la sentenza: Massimo Bossetti è l’assassino di Yara Gambirasio: confermato l’ergastolo già inflitto in primo grado. E’ stato il presidente Enrico Fischetti a leggere la condanna, che conferma anche l’assoluzione per calunnia del muratore nei confronti di un collega su cui aveva puntato il dito. Una mancata imputazione che gli evita l’isolamento diurno di sei mesi chiesto invece dall’accusa. Dunque, diversamente come da lui implorato ieri nel corso delle dichiarazioni spontanee, la corte non ha concesso la perizia sul Dna, ed il viso di Bossetti è rigato dalla lacrime. Le lacrime solcano il volto di chi si sente vittima del “più grave errore giudiziario di questo secolo”. Claudio Salvagni e Paolo Camporini, i suoi legali, affermano che “ha perso la giustizia, Bossetti è stato condannato senza aver potuto partecipare a nessuna indagine genetica. E’ stato leso il diritto alla difesa, chiedevamo solo una perizia per togliere i tanti dubbi”. Piangono anche la moglie del manovale Marita, la madre Ester e la sorella Laura. Dal canto suo Enrico Pelillo, avvocato della famiglia Gambirasio (mamma Maura e papà Fulvio hanno preferito restare lontani), “Quando sento pronunciare la parola ergastolo non sono mai soddisfatto come avvocato, ma le carte processuali dicono che la sentenza andava confermata. Nessuno ci restituirà Yara, ma giustizia è stata fatta, non abbiamo mai cercato un colpevole a caso”. Di fatto la sentenza legittima un’indagine record, con la prova scientifica che regge sulla traccia mista sugli slip e i leggings della 13enne. E Marco Martani, sostituto procuratore generale non ci sono dubbi: Bossetti di Mapello è “il sadico” che ha infierito sulla 13enne, accoltellandola alla schiena, al collo e ai polsi e l’ha lasciata agonizzante nel campo incolto di Chignolo d’Isola. “Attratto dalle ragazzine avrebbe tentato un approccio sessuale” poi finito nel sangue. Ma la difesa non si arrende e dopo il deposito delle motivazioni, tra i 90 giorni previsti, la difesa presenterà ricorso in Cassazione, chiedendo nuovamente la perizia sul profilo genetico e l’accesso ai reperti finora negato.
    M.