Gilet gialli, come Facebook ha alimentato la protesta

    E’ diventato ormai di pubblico dominio il fatto che il movimento dei gilet gialli sia nato e si sia alimentato in rete, in particolare dalla piattaforma di Zuckerberg. Da un punto di vista puramente tecnico, è interessante però capire come sia stato l’algoritmo alla base del social network ad alimentare la protesta dei gilet gialli in modo esponenziale.

    Gli utenti di Facebook considerati attivi sul suolo francese sono 34 milioni, ma tutto è iniziato sulla piattaforma Change.org, un portale dedicato alla promozione e lo sviluppo di petizioni pubbliche. Il 29 maggio, l’utente Priscilla Ludowsky ha dato avvio, per l’appunto, ad una petizione indirizzata al ministro della transizione ecologica dal titolo: “Per un abbassamento del prezzo del carburante alla pompa”.

    Questa petizione raggiunge quasi un milione di firme. Il suo testo molto articolato evidenzia anche come sia giusto “impostare l’obiettivo di far circolare veicoli meno inquinanti” anche se “aumentare le accise su benzina e diesel non è la soluzione”.

    Priscilla Ludovsky, considerata la mente dei gilet gialli, ha 31 anni ed è originaria delle Antille francesi. Ha studiato finanza e ha lavorato per un po’ in banca prima di aprire la propria attività di cosmetici biologici. La petizione inizialmente che ha lanciato punta l’indice contro “il falso ecologismo del governo” evidenziando alcune incongruenze come il fatto che “gli automobilisti inquinanti pagano già il 60% delle tasse, mentre quelli che inquinano con navi e aerei non pagano nulla”; o la mancanza di progetti per diffondere bio-carburanti.

    Giunto l’autunno, le firme continuano a crescere e la questione approda su Facebook. A partire dal 15 ottobre ci sono migliaia di gruppi nati spontaneamente in ogni piccola città. In comune hanno nomi come “basta con benzina che costa come l’oro”, o “Francia arrabbiata”, ma i gilet gialli non sono ancora nati ufficialmente, mentre la protesta viene cavalcata dagli estremismi di destra e sinistra.

    Gli oltre 1.500 gruppi hanno potuto progredire e connettersi, a quanto pare, grazie alle nuove impostazioni dell’algoritmo di visualizzazione dei post di Facebook, sviluppato in seguito allo scandalo di Cambridge Analytica e alle polemiche per l’interferenza russa nelle elezioni americane del 2016. Mark Zuckerberg era corso ai ripari, nell’occasione, modificando in modo significativo il tipo di contenuto che gli utenti visualizzano: meno notizie e altri contenuti prodotti dalla loro cerchia di amici e poi, tanti contenuti simili. Questo è il meccanismo che ha permesso a centinaia di video selfie realizzati con il telefono cellulare di diventare virali.

    Tra questi, il più famoso è quello di un’altra donna, Jacline Moraoud, 51 anni, bretone, fisarmonicista e ipnoterapeuta, che un giorno riprende con il telefono a casa sua, per dirne quattro al presidente Macron, e quel video di cinque minuti sfora i sei milioni di visualizzazioni.
    I video mettono benzina su fuoco, l’innesco è un post su Facebook che chiama alla mobilitazione: la firma di Eric Drouet, considerato un maestro nell’arte dei video selfie e creatore di molti gruppi Facebook. Ha 33 anni, padre di famiglia e trasportatore nella città di Melun, nella regione della Senna e Marna. Il 26 ottobre crea una pagina dell’evento, denominata “Blocco nazionale contro l’aumento di carburante”, che indica il 17 novembre e oltre duecentomila persone affermano di partecipare, virtualmente.

    È in questa fase che nasce l’idea di indossare i gilet gialli come segno di riconoscimento: l’idea è di un dimostratore ed è immediatamente accettata per due motivi. Il primo è che mette in risalto il lavoro di molti di coloro che protestano; il secondo è che il giallo indica la gravità della situazione. Un giornalista inizia a contare il numero di partecipanti virtuali e li confronta con gli abitanti di ogni piccola città, e su Twitter avverte che sono impressionanti: 4 mila e 600 su 18 mila a Sedan, 6 mila e 700 su a Dieppe, 5 mille e 900 su 35 mila ad Auxerre.

    Dal virtuale al reale il passo è breve: il 17 novembre i partecipanti passano da Facebook alla strada e si materializzano per la prima volta. Prima del bis del 24 novembre (“Tutti a Parigi!”, titolo del post), Facebook in molti paesi del mondo va in blackout: succede martedì 20 novembre e dura poche ore, durante le quali i promotori della protesta gridano al boicottaggio e alla censura.