INVECCHIAMENTO, FECONDITÀ, PROCREAZIONE TARDIVA E MORTI: L’ISTAT CONTA LA POPOLAZIONE RESIDENTE, SI PREVEDE CHE NEL 2065 SAREMO MEDIAMENTE 7 MILIONI IN MENO

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     L’Istat è tornata a ‘contare’ gli italiani residenti, raccogliendo dati relativi a quanti hanno deciso di emigrare, la fecondità, il rapporto nascite-morti e, da tutto questo si prevede che nel 2045/2065 il Paese vivrà il picco di invecchiamento, con una quota di ultrasessantacinquenni vicina al 34%”. Ma andiamo per ordine. “La popolazione residente attesa per l’Italia è stimata pari, secondo lo scenario mediano, a 58,6 milioni nel 2045 e a 53,7 milioni nel 2065. La perdita rispetto al2016 (60,7 milioni)sarebbe di 2,1 milioni di residenti nel 2025 e di7 milioni nel 2065. Tenendo conto della variabilità associata agli eventi demografici, la stima della popolazione al 2065 oscilla da un minimo di 46,1 milioni a un massimo di 61,5. La probabilità di un aumento della popolazione al 2065 è pari al 7%”, così l’Istituto di Ricerca denunciando il rapporto tra il calo della popolazione italiana e l’aumento l’età media che “passeràdagli attuali 44,7 a oltre 50 anni del 2065. Considerando che l’intervallo di confidenza finale varia tra 47,8 e 52,7 anni, il processo di invecchiamento della popolazione è da ritenersi certo e intenso”. Spalmati geograficamente lungo la penisola, il calo demografico “si manifesterebbe lungo l’intero periodo, per il Centro-nord, superati i primi trent’anni di previsione con un bilancio demografico positivo, un progressivo declino della popolazione si compierebbe soltanto dal 2045 in avanti. La probabilità empirica che la popolazione del Centro-nord abbia nel 2065 una popolazione più ampia rispetto a oggi è pari al 31%, mentre nel Mezzogiorno è pressoché nulla. Appare dunque evidente uno spostamento del peso della popolazione dal Mezzogiorno al Centro-nord del Paese. Secondo lo scenario mediano, nel 2065 il Centro-nord accoglierebbe il 71% di residenti contro il 66% di oggi; il Mezzogiorno invece arriverebbe ad accoglierne il 29% contro il 34% attuale.Le future nascite non saranno sufficienti a compensare i futuri decessi. Nello scenario mediano, dopo pochi anni di previsione il saldo naturale raggiunge quota -200mila, per poi passare la soglia -300 e -400mila unità in meno nel medio e lungo termine”. Addentrandoci poi nella specifico dei dati relativi allafecondità, l’Istat rivela che “è prevista in rialzo, da 1,34 a 1,59 figli per donnanel periodo2016-2065secondo lo scenario mediano. Tuttavia, l’incertezza aumenta lungo il periodo di previsione. L’intervallo di confidenza proiettato al 2065 è piuttosto alto e oscilla tra 1,25 e 1,93 figli per donna.La sopravvivenza è prevista in aumento. Entro il 2065 la vita media crescerebbe fino a86,1 annie fino a90,2 anni, rispettivamente per uomini e donne (80,1 e 84,6 anni nel 2015). L’incertezza associata assegna limiti di confidenza compresi tra 84,1 e 88,2 anni per gli uomini e tra 87,9 e 92,7 anni per le donne”. Inevitabilmente, come è facile dedurre da questi numeri è ovvio che, a ‘rimettere’ le cose in equilibrio, gioca un ruolo fondamentale l’aspetto ‘migratorio’: il saldo naturale della popolazione “trae parziale sollievo dallemigrazioni. Nello scenario mediano l’effetto addizionale del saldo migratorio sulla dinamica di nascite e decessi comporta 2,5 milioni di residenti aggiuntivi nel corso dell’intero periodo previsivo. Parte del processo di invecchiamento in divenire – spiega infine l’Istituto di Ricerca – consegue “dal transito delle coorti del baby boom (1961-75) tra la tarda età attiva (40-64 anni) e l’età senile (65 e più)”.

    M.