L’Università di Tor Vergata rilascia a Rudi Garcia il premio “Etica nello Sport” – di Veronica Pettarelli

    Rudi-Garcia3Si è svolta mercoledì 12 novembre, nell’Aula Magna della Facoltà di Economia dell’Università di Roma Tor Vergata, la consegna del premio “Etica nello Sport”, a Rudi Garcia, mister della AS Roma. Il premio viene assegnato ogni anno, da ormai oltre 10 anni, e ha visto vincitori del calibro di Franco Sensi, Damiano Tommasi, Cesare Prandelli, Valentina Vezzali e Alex Ferguson. L’idea di voler premiare Garcia risale al febbraio 2014, quando dopo le parole del tecnico della Lazio, Edoardo Reja “Da adesso a domenica prossima, speriamo che qualche giocatore della Roma si possa infortunare”, Garcia ha risposto in modo semplice, ma con una forza enorme “ Devo rispondere al mio collega Reja che noi allenatori siamo prima di tutto degli educatori”.  L’etica serve proprio a garantire l’autenticità dei valori educativi promossi nello sport, che vanno rispettati, in primis da chi dovrebbe educare gli sportivi.

    Cerimonia di premiazione.

    Alle 14.30 arriva e entra in aula Rudi Garcia, accolto con cori da stadio da quasi 600 persone.

    Al tavolo d’onore, affianco al tecnico, sedevano il Magnifico Rettore dell’Università Giuseppe Novelli, l’ex Rettore Renato Lauro, il giornalista Michele Plastino, Gianni Rivera, Giuseppe De Paola, Claudio Toti, il professor Antonio Lombardo e il Preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia Orazio Schillaci. Dopo l’intervento di alcuni componenti che hanno preso parte all’evento, ci sono le parole di Gianni Rivera, ex calciatore: “Credo che questa sia una bella giornata, come tutte quelle in cui si parla di cultura e etica. L’università dovrebbe essere sempre messa in condizione di mettere in evidenza queste cose. Il premio viene consegnato ad uno degli attori viventi del momento sportivo. Il ruolo svolto da Garcia è un ruolo importante, soprattutto per i presidenti delle squadre di calcio. I tecnici dovrebbero essere gli ultimi ad essere puniti. Lui è un uomo decisivo per il messaggio che vogliamo mandare. E’ vero che qualche volta si prende qualche libertà, come suonare il violino,ma si è difeso con eleganza, complimenti con la scelta, meglio di chi si difende attaccando con violenza. E’ un uomo che merita molto, lavora molto bene sul piano comportamentale. Anche questo presunto scontro con Totti, qualcuno ha detto che è rimasto qualche segno ma loro hanno fatto capire che non rimarranno mai per portare a casa la cosa più importante finale. E’ bravissimo anche sul piano comportamentale: lo spogliatoio è la parte dove si deve lavorare di più. La parola spogliatoi è nato con Rocco, l’allenatore bravo è quello che costruisce la partita dentro lo spogliatoio in settimana. Siamo contenti di far venire qui Garcia, penso ci siano anche laziali. In bocca al lupo e che vinca il migliore.”

    Intanto viene mandato un filmato dedicatogli, che lo ritrae in campo con la sua squadra. Prima dell’ attesissimo intervento del tecnico, arrivano da parte di Orazio Schillaci, le motivazioni dell’assegnazione del premio: “ La commissione ha voluto premiare l’uomo che ha vissuto e visto il calcio giocato da ogni prospettiva: giocatore, giornalista, preparatore atletico, tattico, infine allenatore conquistando la sua fama sul campo, grazie ad una grande determinazione , una maniacale cura dei dettagli, un’enorme cultura del lavoro e dell’etica sportiva e un ottimismo che non lo ha mai abbandonato, neanche nei momenti più difficili. Sempre fedele ai suoi principi e ai suoi valori, perché “la fortuna si provoca, non arriva da sola.”

    Le parole del Mister

    La parola ora passa al mister Garcia “Mi avevano detto che il nuovo stadio fosse a Tor di Valle, ma possiamo farlo qui a Tor Vergata no?!”, battuta che deriva dagli applausi e dai cori della folla presente in aula, poi continua “Preferisco fare con voi domande e risposte più che dire io qualcosa. Posso solo dire una cosa. Io arrivo dalla Francia e sono in Italia da 17 mesi. In Italia come in Francia il momento è particolare, non è facile per nessuno e anche se la vita è difficile per i giovani, il futuro siete voi ragazzi. Ho totalmente fiducia in questa cosa perché so che la vostra intelligenza e la vostra cultura è perché siete qui e avete voglia di laurearvi. Il futuro potete farlo voi: potete prendervi cura del vostro mondo. Mi auguro che il futuro sarà molto bello, grazie a voi”. Poi si passa agli studenti che hanno l’onore di rivolgergli delle domande.

    “Che aria si respirava dopo la sconfitta contro la Juventus?”

     “E’ stata una partita particolare. In alcuni punti l’ho cancellata e in altri l’ho tenuta perché la Roma, quella sera, ha dimostrato di essere all’altezza dei primi posti, forse addirittura del primo. La strada è lunga e io ho totalmente fiducia nei miei ragazzi, anche con questi episodi contrari. Dobbiamo essere sicuri di questa squadra e di come scende in campo. Possiamo giocarcela fino alla fine, con tutte le squadre.” Poi aggiunge – in riferimento alle parole di Gianni Rivera – “ Come dice Gianni che vinca il migliore: Sono d’accordo con lui perché la Roma è più forte.”

    “Il calcio italiano sta vivendo un periodo di crisi morale e etica. Mi chiedevo, quindi, come può, un allenatore, aiutare i ragazzi a crescere sia dal punto di vista atletico, ovviamente, sia dal punto di vista educativo? Quale può essere l’intervento dell’allenatore?”

    “Il calcio è solo lo specchio della felicità. Non è solo nel calcio. Per i giovani è più facile crescere nel calcio perché  per me lo sport è veramente una scuola fondamentale nella vita. Ci sono regole dove c’è il rispetto prima di sé stesso e poi verso gli altri. Queste regole danno un quadro molto importante. Oggi quando vediamo le famiglie separate, sappiamo che i bambini crescono in un modo un po’ diverso, ma ha comunque bisogno di un quadro con queste regole. E questo lo sport può darglielo. Prima di essere allenatori, siamo degli educatori e, quindi, abbiamo una responsabilità importante.

    “ In un mondo del calcio sempre più decadente e problematico, quanto pensa sia importante il rispetto per l’avversario? E quanto è difficile per lei trasmetterlo ai suoi calciatori?”

    “L’avversario rimane l’avversario e dobbiamo rispettarlo. Ha i nostri stessi parametri, vuole vincere come noi, è normale, ma dobbiamo agire con un’idea fair play. Non è sempre facile, c’è molta pressione e anche se il calcio è solo un gioco, ci sono tanti parametri, soprattutto economici, che entrano in gioco. C’è una copertura mediatica importante, che non dice tutte le cose e amplifica tutto. Bisogna sempre prendere tempo per avere la testa fredda e sempre tenere fermi i nervi. Su questa cosa dipende sempre dalla qualità della gente. Se la gente è di qualità le cose vanno bene. Io ho la fortuna di avere una squadra intorno a me, tutti gli allenatori e giocatori, che prima di essere buoni giocatori sono buoni uomini. Su questa base, se siamo uniti, possiamo andare avanti nel rispetto dell’avversario.

    “Nella sua carriera ha mai avuto un capitano come Francesco Totti?”

    “E’ un giocatore eccezionale che ha voglia di giocare tutta la partita.” – riferimento alla sostituzione nella partita contro il Torino, non presa benissimo dal capitano – “ E’ anche un uomo di grande umiltà. Ho trovato in ‘Checco’ non un campione, ma un uomo all’altezza del campione. Lui lo sa, è la prima cosa che gli ho detto quando l’ho incontrato per la prima volta: Mi piacerebbe tanto vincere qualcosa con il capitano”.

    “ Lei è laureato in Scienze Motorie e penso che sia ormai uno dei pochi a livello internazionale. Ha qualche consiglio da dare? Quanto ha influito questo nella sua carriera?

    “Io ho un percorso un po’ particolare. Sono uscito di casa a 17 anni e sono andato a giocare a calcio nel Nord della Francia, dove fa freddo e piove. Era una bellissima città e la gente ha il cuore aperto.  Dopo aver fatto la mia carriera, ho provato a fare il professionista di calcio e continuare gli studi, ma era troppo difficile. Poi quando mi sono infortunato e ho dovuto interrompere la mia carriera, sono tornato sui banchi dell’università e a 29-30 anni mi sono laureato in Scienze motorie. È stato un momento importante per me. Nel frattempo commentavo in televisione su canali sportivi e allenavo a bassissimi livelli. L’essermi rimesso a studiare mi ha dato molte opportunità, mi ha reso più forte anche come allenatore. Lavorando quindi in squadre di allenatori, oggi che io fatto tutto, so veramente quali sono le loro preoccupazioni e il loro lavoro e sono in grado di capirli.

    “ Da educatore a educatore e da mister a mister. La mia squadra di calcetto del CSI è particolare: il portiere è senza due gambe e il centravanti senza una. Motivare, lavorare e integrare con queste persone è fondamentale. Alcune volte non serve però perché la loro motivazione è legata ai risultati della Roma. Può darmi qualche consiglio?”

    “ Queste cose le ammiro, è sempre una bella lezione di vita. Bisogna essere forti mentalmente per far tornare a fare certe cose a dei ragazzi con l’handicap. Questo mi stupisce e sono veramente sorpreso per queste cose. Sui risultati della Roma: bisogna avere fiducia in questa squadra. Per nessuna squadra la stagione è un fiume tranquillo, dobbiamo essere sempre convinti di quello che facciamo e di quello che mettiamo in campo. Misuriamo sempre la qualità del gruppo nei momenti difficili, non solo quando le cose vanno bene, però sono tranquillissimo sui miei ragazzi.

    “Ha sempre creato un rapporto solido con i giocatori. Qual è il suo segreto?”
    “Nessuno, questa domanda dovete farla ai giocatori. Io non posso allenare dei giocatori senza amarli. Io amo la mia squadra, la Roma. Ogni giocatore è particolare. Io sono la guida, bisogna mettere autorità ma sempre parlando e capendo quali possono essere le loro reazioni. Un vantaggio è che ho giocato e adesso penso ancora come un calciatore. Per questo quando vogliono fregarmi non ci riescono.”

    “ Nell’ ambiente calcistico c’è sempre stata la prevalenza della figura maschile, ma ultimamente anche molte ragazze si stanno avvicinando a questo sport. Una sua opinione sul calcio femminile?”

    “Per me è una cosa fondamentale. Penso che ogni società professionale, dovrebbe avere l’obbligo di avere una squadra femminile. È un calcio che si sta sviluppando, è molto tecnico e a me piace. Penso che più ci saranno donne nelle tribune e meno problemi avremo. Dolcezza che può portarci tanto, gli uomini tra di loro cambiano un po’.”

    “ Quanto è distante il calcio italiano da estero?
    “Abbiamo tutti la stessa passione, tifare una squadra è bellissimo, ancor di più se è la Roma. Andare allo stadio deve essere una festa e sulle tribune dico di seguire l’Inghilterra. Ma allo stadio ci si deve arrivare anche comodamente. Dobbiamo avere stadi nuovi in Italia e il calcio tedesco è l’esempio. Tra due anni, penso, avremo un nuovo stadio e questo sarà un vantaggio non solo per la società, ma anche per i tifosi”.

    “ Quindici anni fa è stato anche preparatore atletico in Francia. Com’è cambiata negli anni la preparazione dei giocatori?”

    “ E’ cambiata tanto. Io mi ricordo che quando ho iniziato questo mestiere ero solo, poi ho avuto un vice e adesso in trasferta siamo più noi allenatori che i ragazzi che giocano. Però penso che, ovviamente, è importante. Se individui la preparazione fisica, ha individuato molto. Penso che ci sono anche altri esempi che prenderemo, per esempio, al rugby, nel futuro. Ci saranno allenatori solo per gli attaccanti, altri per i difensori e altri per i centrocampisti. La preparazione fisica ha fatto dei passi avanti e ancora ne farà nel futuro.

    Domanda di Michele Plastino: “ Quanto ha sofferto interiormente nell’ andare dalla propria squadra e chiedere di difendersi?”
    “Non è stata una sofferenza, penso che è stato un momento da gestire e lo abbiamo gestito con una riflessione importante. Può succedere un incidente contro una delle migliori squadre europee, dopo era giusto allinearsi. Siamo stati in grado di essere forti sul piano di non perdere fiducia in noi stessi. Stiamo costruendo da un anno e mezzo una squadra con un’ identità di gioco ma è importante vedere che possiamo giocare in maniera diversa. È umile capire che ci sono squadre più forti. Speriamo in futuro di arrivare a quel livello. La strada sarà lunga ma non si farà in un giorno. In Italia stiamo lottando ma in Europa siamo ancora piccoli.”

    Premiazione.

    Si conclude così la parte dedicata alle domande, chiesta espressamente dal tecnico giallorosso, e si passa alla premiazione. Garcia riceve una targa ed un quadro che rappresentano il premio “Etica nello Sport”. Dopo aver fatto foto con i premi, con la maglia di Totti e con gli altri componenti della commissione, formata da noti personaggi sportivi e giornalisti, e dopo aver lasciato qualche autografo, lascia l’aula tra i saluti dei “tifosi”, accorsi da tutte le facoltà, che inneggiano cori ‘Olè olè olè Rudi Rudi’ e ‘Vinceremo il Tricolor’. Tifosi che lo “scortano”, dietro la sua auto, fino all’uscita. Rudi Garcia sembra proprio esser diventato un idolo per la tifoseria giallorossa e lui sembra esser entrato benissimo nell’ambiente della Capitale.