La mostra di New York su Velvet Underground e Warhol

    A New York, fino alla fine dell’anno, andrà in scena la mostra dedicata al rapporto magico che si instaurò tra il capostipite della pop art Andy Wahrol e i Velvet Underground. Un rapporto che nacque anche tra la relazione tra lo stesso Wahrlo e la tedesca Christa Päffgen, detta Nico, che divenne la leader del gruppo. Anche l’Italia, recentemente, ha omaggiato la cantante con un film, Nico 1988, della regista Susanna Nicchiarelli, che ha ricevuto diverse candidature ai David di Donatello del 2017. La rassegna newyorkese snoda alcuni dei punti politici degli anni Sessanta, attraverso la rappresentazione di oltre 250mila attivisti che lottarono per i diritti civili; tra questi ritratti vi sono i bambini di Harlem costretti alla miseria e a soggiornare sui cigli delle strade, non avendo una casa . Questi ragazzi, si vede nelle foto, mimano le armi da fuoco con le sole dita della mano. Altri momenti rappresentati sono: la Washington March con James Baldwin e Marlon Brando; Susan Sontag che presenzia al Sex Symposium nel ’62. Il visitatore si immergerà anche nell’esperienza della Factory di Warhol: droga, sesso e questioni esistenziali, che ruotano tutte circoscritte al principe della pop art in uno studio loft “nato per accelerare le particelle dark dei Velvet Underground”. Inoltre vi sono Teche con locandine, vinili, il flexidisc Loop (“Music, Man, That’s Where It’s At!”), l’intervista ad una persona che ha avuto il pregio di assistitere al primo concerto dei Velvet Underground (1965) e racconta delleconseguenze di Heroin su una folla di liceali e garage rocker sconvolti. Si può assistere anche alle lettura della sorella di Lou Reed, Merrill Reed Weiner, che intepreta un saggio redatto per il Guardian in cui parla dei genitori che obbligarono suo fratello Lou, adolescente, all’electroshock. Nella mostra di New York si può assistere anche a film sperimentali. Tra questi vi è un art film Christmas on Earth, realizzato da Barbara Rubin quando non era ancora maggiorenne (la Rubin, insieme a Jonas Mekas, fece conoscere i Velvet Underground a Andy Warhol). Oltre aciò ci stanno le fotografie di Baby Lou e una copia di Esquire con Nico. Da non perdere le copertine di LP: dalla collezione Allan Rothschild spunta il retro di una delle prime immagini di The Velvet Underground & Nico, con la faccia di Eric Emerson, uno dei ballerini di EPI – Exploding Plastic Inevitable e membro del collettivo glam punk Magic Tramps, sparata (e pubblicata) nella foto dei musicisti senza però aver ottenuto il permesso. La capsula temporale dei Velvet continua con il racconto dell’abbandono di Nico, Warhol e Cale, quando Lou Reed si trova a dover riformare il gruppo, con il supporto del multistrumentista Doug Yule che dal 1967 al 1970 lo persuade a girovagare per gli Stati Uniti – i nightclub di Boston, Chicago e Philadelphia – snobbando New York City. Col cartello exit di Reed (1970) e gli ’screen test’ di Warhol e Gerard Malanga, recuperiamo i tre minuti di silenzio e zero movimento a cui si sono sottoposti, tra gli altri, Charles Henri Ford, Paul Morrissey, Marisa Berenson, Donovan, Salvador Dalì, Mary Woronov, Piero Heliczer e Allen Ginsberg. Una motionless d’America che in realtà non ha nulla di inanimato o di immobile. Si muove ancora. Gira e si sbuccia fino ad oggi, proprio come l’immortale banana-graffito dei Velvet Underground.