“Qualcuno volò sul nido del cuculo”. 40 anni dopo – di Eleonora Bacaloni

     

    cuculo 7Il 19 novembre 1975 venne proiettato per la prima volta, in un’anteprima trasmessa sia a New York che a Los Angeles, “Qualcuno volò sul nido del cuculo”. Il cast composto da Jack Nicholson e Louise Fletcher, per la regia di Milos Forman, decreterà il successo della pellicola e del suo regista, riconfermando anche la bravura interpretativa dei suoi attori. Il giorno successivo il film approdò al festival di Chicago, per poi essere proiettato nelle sale, proprio grazie alle quali venne sancito il suo successo cinematografico. Il film incassò oltre 112 milioni di dollari a livello mondiale. Nei mesi successivi di gennaio e marzo arrivarono poi vari riconoscimenti internazionali, fino al suo arrivo in Italia il 12 marzo 1976. “Qualcuno volò sul nido del cuculo” vanta molti premi tra cui sei Golden Globe e cinque Oscar. Un successo straordinario per l’intera squadra di lavoro, eguagliato solo da altri due capolavori hollywoodiani come “Accadde una notte” e “Il silenzio degli innocenti”. Il capolavoro di Forman è strutturato su varie componenti, alcune delle quali molto personali e legate a quelli che sono considerati i padri del film. Tra loro, ricordiamo lo scrittore Ken Kasey che nel 1962 mise per iscritto la propria esperienza in un ospedale psichiatrico dell’Oregon dove aveva partecipato ad un esperimento sulle sostanze psichedeliche portato avanti dalla CIA. A seguito di tale esperienza, il suo primo romanzo divenne un vero e proprio punto di riferimento per spiegare il passaggio tra la Beat Generation e la cultura Hippie. Michael Douglas, figlio di Kirk, riuscì a trovare i fondi necessari per poter lavorare con Milos Forman e riscrivere la sceneggiatura ma, a causa di problemi economici, Kasey venne messo da parte. Si rifiutò di vedere il film e non lo approvò mai. La parte maschile principale fu affidata all’allora 38enne Jack Nicholson, mentre quella femminile a Louise Fletcher, scelta all’ultimo in sostituzione di Ellen Burstyn impegnata nell’assistenza al marito ricoverato proprio in un ospedale psichiatrico. Accanto ai due attori principali ricordiamo un cast straordinario composto da Danny de Vito, Christopher Lloyd, Brad Dourif e Will Sampson. Il film sembra essere una perfetta metafora senza tempo in cui lo spirito di ribellione di McMurphy, entrato in ospedale quasi come una sorta di visitatore, si cala all’interno di una realtà infernale, quella della terapia repressiva, fino ad arrivare all’elettroshock e alla lobotomia. Il manicomio si pone alla stregua di un microcosmo dantesco dove buoni e cattivi non sono altro che la rappresentazione di spiriti liberi o schiavi di un potere imposto loro dall’omologazione della società. La trama ci riporta una storia ambientata all’interno di un ospedale psichiatrico nella città di Salem, in Oregon. McMurphy arriva nella struttura come osservatore, per capire se la sua presunta malattia è reale o simulata. Davanti alle severe leggi imposte dall’infermiera Ratched, l’uomo ha una crisi di nervi e reagisce con modi ribelli, diventando un esempio per gli altri pazienti che fino ad allora avevo tenuto un comportamento alquanto passivo nei confronti di tali regole. McMurphy stringe amicizia con Billy e Bromden, rispettivamente un giovane balbuziente e un nativo americano che si finge sordomuto. I tre progettano una fuga verso il Canada ma alla fine resta da solo, chiuso nella morsa del silenzio a causa di una lobotomia e chiede a Bromden di togliergli la vita. Sarà proprio quest’ultimo, alla fine, a riuscire a scappare da solo verso la libertà, inseguendo il proprio futuro.