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‘Corona’, il primo film che parla del Covid-19: terrore in un ascensore. Ecco il trailer

E’ automatico: passata l’epidemia state pur certi che Hollywood non tarderà a riproporre nelle sale cinematografiche questa terribile tragedia che stiamo vivendo, non lesinando fra cast e location. Così come, da un punto di vista – come al solito – ormai ‘finto-realistico’ farà il nostro cinema scaduto nel radical chic.

“Un thriller psicologico, girato agli albori del virus”

Tuttavia, a bruciare tutti sul tempo è stato Mostafa Keshvari, un regista iraniano che vive da diversi anni in Canada. La pellicola, dall’eloquente titolo, ‘Corona’, è una sorta di thriller psicologico, girato e quindi ambientato agli albori dell’epidemia. “Pensavamo sarebbe passata in fretta – affermato il regista in un’intervista – Nessuno avrebbe potuto immaginare tutto questo”.

Un ascensore bloccato con dentro 7 persone, ma…

La pellicola, girata a febbraio, in economia (con una troupe di appena 25 persone), sebbene abbia ‘esposto’ attori e maestranze al contagio, fortunatamente non ha registrato casi di contagio.

Forse perché l’inconsueta ambientazione del film, un ascensore, ha in qualche modo a loro volta isolato tutti. La storia ‘apparentemente’ molto semplice, ruota intorno alla figura di una giovane cinesina (l’attrice Traei Tsaiche), in dubbio se aver contratto il Covi-19, che rimane chiusa nell’ascensore in compagnia di altre sei persone, ciascuna delle quali incarna un preciso stereotipo della nostra società, con tuti i suoi vizi e le sue virtù. Ecco quindi Josh Blacker (benestante proprietario del fabbricato), Andrea Stefancikova (preoccupata donna incinta), Andy Caneteun (inquilino del palazzo, oberto dai debiti), Richard Lett (disabile razzista), Zarina Sterling (un’irreprensibile Millenial), ed Emy Aneke (un manutentore).

“Sembrava un problema razziale, ora è di tutti”

Come ha spiegato Keshvari, è “sì un film che parla di paura, ma è anche, forse soprattutto, uno studio sulla società, sulle persone, e sulle loro scelte morali“. Il regista iraniano ha raccontato che l’idea è maturata in lui lentamente, man mano che attraverso i giornali ed i comportamenti delle persone, osservare montare la paura generale, il pregiudizio, ed il terrore nei confronti dei turisti cinesi. Del resto, commenta Keshvari, ”Il Covid-19 è stato denominato all’inizio ‘virus cinese’. Ma ora colpisce tutti, non esiste un problema razziale. Ora la razza umana deve unirsi per sconfiggerlo. Il virus non discrimina, perché dovremmo farlo noi?”. Per quanti interessati non occorre attendere la riapertura dei cinema: il film sarà infatti visibile in streaming.