Diciotti, i migranti identificano gli scafisti

    I nomi non li conoscono, per identificarli hanno usato le foto scattate dagli investigatori. Ed è stato proprio grazie alle testimonianze dei migranti che la Procura di Palermo è riuscita a fermare quattro dei contrabbandieri che hanno condotto il gommone con i rifugiati soccorsi il 16 agosto dai Diciotti della Guardia Costiera. I tre egiziani e un bengalese, dopo l’autorizzazione a lasciare il Viminale sabato sera, furono portati al centro di accoglienza di Messina insieme ai migranti con cui avevano fatto il viaggio. Camuffati tra gli altri cittadini non comunitari – 47 erano stati abbandonati nel frattempo dai diciottenni per motivi di salute o perché i minori non accompagnati – sono stati identificati e portati nel carcere di Gazzi.

    In attesa di documenti sull’inchiesta del Ministro dell’Interno Matteo Salvini, indagato dalla Procura di Agrigento per non avere sbarcati rifugiati e accusati di sequestro di persona, arresti illegali e abuso di ufficio, il Pubblico Ministero di Palermo prosegue quindi le indagini sui trafficanti.

    Mercoledì, ha ricevuto i documenti dai colleghi della città dei templi, investirà la corte dei ministri del procedimento sul titolare del ministero dell’Interno. “Sarà un boomerang per i magistrati”, dice il leader della Lega.
    Pertanto, nel caso Diciotti, ci sono due indagini che avranno tempi e procedure molto diversi. Quello sul politico è complesso e lungo, e quello sui contrabbandieri è più veloce. Il magistrato di Messina, nei prossimi giorni, dovrà interrogare e convalidare le detenzioni.

    Forti accuse: dall’associazione criminale finalizzata alla tratta di uomini e all’agevolazione dell’immigrazione clandestina, alla violenza sessuale e all’ingresso illegale in Italia.
    Oltre a indicare chi guidava la barca, le vittime hanno descritto il capo dell’organizzazione criminale che organizza i viaggi: conosce solo il nome Abdusalam. Si muove circondato da uomini armati e gestisce gli uomini armati che si occupano di trovare le barche, reclutare i passeggeri, intascare i soldi, sorvegliare i migranti per mesi prigionieri nel campo libico in attesa della partenza e guidare le barche. “Gli uomini di Abdusalam ci hanno impedito di lasciare la prigione e stuprare le donne”, hanno detto i testimoni.

    La magistratura ha immediatamente delegato gli interrogatori dei primi 13 rifugiati a sbarcare a Lampedusa, poi quelli dei minori inviati a Catania: le storie si sono rivelate coincidenti. Le indagini, coordinate dal capo del procuratore Francesco Lo Voi e dall’associato Marzia Sabella, non si fermano e nei prossimi giorni si sentiranno anche i migranti sbarcati sabato e gli ospiti del centro di accoglienza di Messina. Struttura che, dice il sindaco della città dello Stretto, Cateno De Luca, potrebbe essere offensiva.