Editoria e Governo, Andrea Riffeser Monti: basta minacce e vendette

    Continuano le polemiche tra il Governo gialloverde e l’editoria italiana, dopo il recente annuncio di probabili tagli al settore. Polemiche e tensioni che hanno portato il presidente degli editori di giornali della Fieg, Andrea Riffeser Monti, a scrivere al sottosegretario Vito Crimi (responsabile proprio del settore dell’Editoria) per sottolineare i “ripetuti attacchi che i giornalisti e le imprese editoriali” ricevono fin dall’insediamento del nuovo governo.
    L’accusa mossa dai principali editori è che il governo starebbe spingendo per ridurre drasticamente centinaia di aziende del settore che impegnano lavorativamente 60.000 persone, malgrado esse siano a presidio della libertà di stampa. Un pilastro della democrazia, tutelato dalla Costituzione.
    Mentre i colossi della Rete avanzano protetti a spada tratta dai governi degli Stati Uniti, gli editori italiani soffrono di questa “attitudine a minacciare”, che è qualcosa di “sconosciuto nella storia delle democrazie occidentali”. Impegnate a rilanciare i loro prodotti, che peraltro assumono forme avanzatissime in Internet, gli editori chiedono pari condizioni con qualsiasi altro settore industriale “non sovvenzionato”.
    Chiedono in concreto “certezza delle norme”, buonsenso, “tutele”.
    Scrive il presidente della Fieg: “A partire dall’insediamento del Governo Lega-M5s il settore dell’editoria ha subìto, senza soluzione di continuità, ripetuti attacchi rivolti ai giornalisti come alle imprese e a tutti i lavoratori coinvolti nella filiera. Quaranta milioni di lettori della carta stampata, 60.000 posti di lavoro, centinaia di imprese che di editoria vivono e che, negli auspici di molti esponenti del Governo e della maggioranza, dovrebbero semplicemente scomparire”.
    “Abbiamo provato a comprendere il perché di una tale attitudine a minacciare, danneggiare e precarizzare il lavoro e l’impresa in un solo comparto della nostra economia, qualcosa di sconosciuto nella storia delle democrazie occidentali dal dopoguerra ad oggi e di cui non si trova traccia nel Contratto di Governo. Nel prefigurare la scomparsa dell’informazione cartacea quasi sempre gli esponenti politici che lo fanno sembrano opporre al modello dell’editoria tradizionale un diverso modello di informazione, ai loro occhi libera da condizionamenti e fruibile gratuitamente in rete”.
    “È questo il paradosso più incredibile. Gli editori di giornali investono da più di quindici anni risorse per produrre contenuti editoriali digitali, sono di fatto l’informazione sul web, ogni giorno 20 milioni di italiani si informano online sui siti dei nostri giornali (fonte Audiweb 2.0) o sulle loro pagine Facebook piuttosto che attraverso la ricerca su Google o sugli aggregatori di notizie, il 30 % delle ricerche svolte dagli italiani su Google trae origine dalla volontà di ottenere informazione e approda su notizie e video prodotti dai nostri giornali (fonte Nielsen)”.
    “Pensiamo che, purtroppo, in questi numeri e nella forza che ancora oggi esprimono il lavoro giornalistico e le aziende editoriali, un insieme indivisibile che esprime una pluralità di voci a garanzia di un bene, la libertà di stampa, tutelato dalla Costituzione, in tutto ciò risieda la radice dell’avversione così spesso e prepotentemente reiterata. Ora non possiamo e non vogliamo credere che questa sia la posizione del Governo e delle forze politiche di maggioranza”.
    “Le nostre imprese vivono da dieci anni una delle più dure e complicate crisi strutturali di settore della storia, hanno investito e reinvestito tutto quello che potevano per affrontare un nuovo paradigma dei comportamenti sociali e una radicale trasformazione della tecnologia dell’informazione, hanno lavorato per preservare ed accrescere la qualità del prodotto e salvaguardare il lavoro”.
    “Uno sforzo continuo, di ristrutturazione e sviluppo di nuove iniziative che, anche in previsione di un 2019 che non potrà invertire l’andamento della crisi, impone certezze del quadro normativo e niente di più, ma niente di meno, delle stesse tutele che l’ordinamento garantisce ad ogni settore industriale non sussidiato, ognuno in base alle sue specifiche caratteristiche. Per questo diciamo basta a questa incessante trama di minacce e vendette”.
    “La politica si può e si deve confrontare con i giornali, con i giornalisti che li fanno e con i loro direttori, anche prendendo posizioni forti, dall’una e dall’altra parte, ma si lascino fuori le imprese che devono dare continuità alle attività, innovare e ricercare un complesso equilibrio economico in un contesto di mercato dominato da operatori globali che hanno avuto alle spalle uno Stato che ha tutelato i loro interessi anche in Europa, ha contribuito al loro sviluppo e ne ha incentivato la componente innovativa”.
    “Per questo chiediamo una risposta precisa al Governo e ai leader dei partiti della maggioranza e della opposizione parlamentare: chiediamo parole chiare, quali che siano, che permettano alle imprese di comprendere a pieno il contesto politico nel quale dovranno operare e definire obiettivi e piani industriali”.