Femminicidi e orfani, numeri da brividi – di Linda Perna

    Roma, 17 Febbraio – “La donna uscì dalla costola dell’uomo, non dai piedi per essere calpestata, non dalla testa per essere superiore ma dal lato, per essere uguale, sotto il braccio per essere protetta, accanto al cuore per essere amata”. WIlliam Shakespeare aveva una nobile idea di chi fosse e che ruolo svolgesse la donna nell’importanza della vita, donna che diviene madre e moglie. Creatura che ha avuto lo splendido dono della continuazione della vita. Per quanto si possa sperare in un futuro roseo per le donne, per quanto si possa credere e sognare un futuro in cui le violenze domestiche, fisiche, verbali e le umiliazioni vengano distrutte all’interno della quotidianità di ogni singola donna, ogni nuovo giorno accettiamo passivamente i numeri di violenza e femminicidio che moltiplicano con lo scorrere dei secondi, che nei primi quaranta giorni del 2016 registrano una media allarmante di circa una donna uccisa ogni tre giorni. Un solo femminicidio trascina dietro sé altre migliaia di vittime: tutte le donne, proprio come lei, una mamma, un papà, i fratelli, una nonna, ma a pagarne le spese il più delle volte, sono loro: i figli. Li chiamano “le vittime secondarie” del femminicidio e solo in Italia, attraverso un calcolo effettuato dall’anno 2000, sono circa 1.628. 1.628 orfani, strappati dal grembo della loro stessa madre il più delle volte dai propri padri, ma che tipo di tutela hanno ricevuto, negli anni, questi bambini, perlopiù minori all’epoca dei fatti? Quale percorso è stato intrapreso per loro a livello terapeutico, sociale, o giuridico? Quanto e come è stato affrontato e ridotto il loro danno da trauma? Psicologi competenti in materia cercano di dare una definizione a questo tipo di trauma che ovviamente varia in base a caso e bambino, ognuno va differenziato e ha subito diversamente dall’altro. “Le conseguenze che le vittime cosiddette “secondarie” subiscono – spiega Lorenzo Puglisi di Sos Stalking – sono molte, e spesso irreparabili: dal trauma legato allo shock, sia per aver in alcuni casi testimoniato direttamente all’omicidio, sia per il lutto violento, all’indigenza, alla mancanza di un’educazione adeguata e di una guida in un’età molto delicata per la propria crescita. Non è raro che i figli di questo genere di lutti finiscano sulla strada della delinquenza, o della droga. Inoltre non esiste una norma specifica che tuteli o sostenga, anche economicamente, questi orfani speciali, a differenza di quanto invece accade per altre categorie, come per le vittime di mafia, o del terrorismo, ad esempio. Possiamo affermare che il dramma si somma alla tragedia”, precisa Puglisi, soprattutto in questa allarmante crescita di orfani in Italia che registrano un aumento di ben 118 bambini solo nel 2015. Anche scorgendo il passato, i numeri confermano la drammaticità dei fatti: come riportato dall’Italian Journal of Pediatrics, dal gennaio 2012 fino al mese di ottobre 2014, il numero dei femminicidi accertati ammonta a 319 di cui 209 sono avvenuti per mano di un compagno o un ex compagno all’interno delle mura domestiche, nella propria abitazione. 18 bambini su 417 hanno perso la vita insieme alla propria madre, tra cui 9 di questi minorenni, attraverso, la maggior parte dei casi, un’arma da fuoco, strangolamento o un’arma da taglio. Nel 50% dei casi successivamente al folle omicidio di madre e figlio avviene il suicidio del padre, distruggendo così un’intera famiglia in una manciata di minuti. “Questi bambini vivono una condizione di grave deprivazione affettiva, venendo a mancare la madre (care giver) che solitamente fino a quel momento si è occupata di loro, fornendo un affetto materno insostituibile, strappato brutalmente e improvvisamente – spiega Alessandra Presti, psicologa e psicoterapeuta – Allo stesso tempo devono fare i conti con la colpa del padre che genera un conflitto interiore di amore/odio dalle conseguenze devastanti. Si tratta di orfani che spesso si abituano alla sofferenza, ad una vera e propria “Costanza del dolore”, perdendo la fiducia nel mondo e nell’altro, sviluppando una sintomatologia depressiva e post-traumatica. Si possono generare convinzioni profonde di essere una persona non amabile, alimentando una bassa autostima e una sensazione di impotenza. Ecco che possono essere più inclini alla criminalità, alla prostituzione, all’abuso di sostanze. Per aiutarli è necessario comprendere precisamente il “Bisogno specifico” di queste vittime all’interno di strutture specializzate e predisposte a tale fine”. Tuttavia secondo l’Associazione qualche timido passo in avanti è stato fatto, ad esempio in Basilicata, in cui è stato istituito un fondo regionale, che però non è abbastanza. L’obiettivo principale al quale si mira è l’istituzione di un fondo nazionale per queste vittime proprio come quello di 30 milioni per le vittime dell’amianto statuito con l’art. 278 della legge di stabilità 2016. La domanda che si pongono in molti, infatti, è il perché un fenomeno sociale come l’omicidio di genere non debba sortire una presa di responsabilità da parte dello Stato, che troppo spesso sembra accettare in silenzio le morti che si susseguono senza soluzione di continuità.femminicidio-stop