In Cambogia condannati gli ultimi due Khmer Rossi

    In Cambogia condannati per genocidio gli ultimi due leader dei Khmer rossi ancora vivi, quasi 40 anni dopo la caduta del brutale regime di Pol Pot. Nuon Chea, 92 anni, era il braccio destro del dittatore e l’ideologo del partito comunista; Khieu Samphan, 87 anni, era il capo di stato cambogiano all’epoca. I due stavano già scontando l’ergastolo per crimini contro l’umanità compiuti tra il 1977 e il ’79.

    La Corte ha riconosciuto le accuse contro di loro di omicidio, sterminio, riduzione in schiavitù, deportazione, incarcerazione, tortura, persecuzione per motivi religiosi, razziali e politici, sparizioni forzate e stupri di massa attraverso il programma statale dei matrimoni forzati. Nuon Chea è stato dichiarato colpevole di genocidio contro la minoranza vietnamita, ex funzionari Khmer e la minoranza musulmana Cham, mentre Khieu Samphan è stato condannato per il genocidio vietnamita, ma assolto per coinvolgimento nello sterminio dei Cham.

    Il Tribunale speciale per i Khmer Rossi è stato istituito nel 2006, con un accordo tra la Cambogia e le Nazioni Unite, ed è composto da giudici cambogiani e internazionali. In dieci anni, tuttavia, la corte ha emesso solo tre condanne definitive per i responsabili di un regime che tra il 1975 e il 1979 ha ucciso almeno 1,7 milioni di cambogiani.
    Il verdetto di colpevolezza di Chea e Samphan è il primo riconoscimento come genocidio, basato sulla definizione del crimine stabilito dalle leggi internazionali, sulla violenza perpetrata dal regime dei Khmer Rossi.

    Il gruppo era stato fondato nel 1960 come costola dell’esercito popolare vietnamita nel Vietnam del Nord. Nasceva come partito rurale attivo in Cambogia dal 1975 al 1979 e guidato da Pol Pot, Nuon Chea, Ieng Sary, Son Sen e Khieu Samphan. Alleati con il Vietnam del Nord, i Viet Cong, il Pathet Lao durante la guerra del Vietnam contro le forze anticomuniste, e stretta un’alleanza con Sihanouk, dopo la conquista del potere in seguito al ritiro degli Stati Uniti, i Khmer Rossi (Khmer Krohom), si dedicarono alla “purificazione della Cambogia”, massacrando qualsiasi membro appartenente alle classi più colte, distruggendo ogni legame familiare come incompatibile con la creazione della nuova società cambogiana e sopprimendo, in mezzo decennio, quasi un quarto della popolazione dello Stato.