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“La Chiesa non sia discriminata, vogliamo tornare a dare il nostro contributo” afferma la Cei

Nel momento in cui il governo allenta le limitazioni, si esige che la Chiesa non sia esclusa dalla possibilità di riprendere gradualmente, e in maniera responsabile, la sua missione pastorale. Siamo noi i primi ad immaginare una fase transitoria, da affrontare in modo responsabile ma è in gioco la missione pastorale della Chiesa. Siamo riconoscenti allo Stato per come sta cercando di tutelare la salute di tutti ma se ora si attenuano le limitazioni, una volta chiarite le regole sulla salute, dipende da noi il da farsi nelle chiese”.

“La Chiesa non sia emarginata e discriminata”

E’ quanto afferma il sottosegretario e portavoce della Cei, Don Ivan Maffeis, esternando la sua “gratitudine” e “apprezzamento” con il governo, con il quale ha avuto in relazione al 4 maggio perché “la Chiesa non può rimanere al palo. Sarebbe un atto di arbitrio non difendibile”. Ed ancora: “La Chiesa non sia emarginata e discriminata. Sarebbe un vulnus alla libertà di culto”, ha aggiunto il portavoce dei vescovi, ricordando che per voce del  ministro dell’Interno, Lamorgese, il governo ha espresso “parole impegnative” affinché la Chiesa ad esercitare il proprio ruolo all’interno della comunità, in coincidenza dell’avvento della fase due dell’emergenza coronavirus .

“Ci stiamo adeguando a tutte le normative”

Don Ivan Maffeis ha inoltre rivelato che la Cei ha consegnato al governo una serie di proposte attraverso le quali, nel segno di un cambiamento, la Chiesa è prossima ad affrontare “la nuova stagione. Le proposte sono commisurate alle indicazioni sanitarie, da parte nostra il massimo impegno e la responsabilità di rispettarle fino in fondo, sia con il coinvolgimento di volontari per favorire la dislocazione dei fedeli nei banchi. Uso tassativo di mascherine e guanti – assicura il portavoce della Cei – Vogliamo tornare a celebrare con un gruppo di fedeli proporzionato alle dimensioni dell’edificio. Assicurando sia il rispetto delle distanze, come pure di tutte le altre norme a tutela della salute. Non stiamo chiedendo sconti ne’ abbiamo mai sottovalutato il pericolo. Ora però – raccomanda il sottosegretario dei Vescovi – diventa importante che la Chiesa non sia ne’ emarginata ne ‘discriminata perché a quel punto diventerebbe un atteggiamento che non si può subire in silenzio“.

“Vogliamo tornare a dare il nostro contributo”

Quindi Don Maffeis ha tenuto a rimarcare che “La Chiesa senza presunzioni non sottovaluta né il pericolo né intende non osservare le norme a tutela della propria e della salute altrui. La Chiesa non è preoccupata solo delle celebrazioni ma vuole tornare a dare il contributo pieno alla comunità“. Anche perché, altrimenti, aggiunge,”sarebbe impossibile sostenere e difendere quello che diventerebbe un abuso da parte dello Stato che peraltro non ho mai respirato“.

“La tutela degli anziani è la nostra priorità”

Nello specifico, invitano a focalizzare  l’attenzione sugli anziani, indubbiamente la fascia più esposta della popolazione. ”La Chiesa è responsabile anche verso gli anziani e se sarà necessario, per non esporli a rischi, per loro sarà importante seguire per un periodo le messe in streaming. Se per loro ci saranno rischi – osserva il portavoce – non saremo certo noi a portarli in chiesa. Non chiediamo di tornare al pre-pandemia, ma nel momento in cui si riparte la Chiesa deve tornare a farsi sentire nella comunità con parole di speranza e carità”.

Max