Musulmana non vuole stringere mano ad uomo, cacciata dal colloquio: vince la causa

    Il suo nome è Farah Alhajeh, ha 24 anni, è una cittadina svedese di origine musulmana, e in queste ore è tra i personaggi di attualità in Svezia durante la campagna elettorale. Farah ha vinto la causa intentata contro un’azienda di Uppsala (la più prestigiosa città universitaria del regno) che aveva interrotto la sua intervista per ottenere un lavoro come interprete perché si era rifiutata di stringere la mano a un uomo, membro della commissione giudicante.

    Lo hanno riferito ieri molti media svedesi e la BBC, aggiungendo che alla società è stato ordinato di pagare alla giovane donna un risarcimento di 40 mila corone svedesi, pari a circa 3400 euro. In effetti, un giudice di un tribunale del lavoro ha ritenuto che il comportamento della società fosse discriminatorio. Altre fonti sottolineano tuttavia che dalla conduzione dell’intervista sarebbe stato chiaro che Farah non avrebbe avuto successo o non avrebbe superato l’esame. Durante l’incontro con i dirigenti della compagnia che volevano stringere la mano, la giovane donna invece ha messo la mano sul cuore, eseguendo il gesto tradizionale delle donne di fede islamica che non vogliono, secondo i dettami della loro religione, il contatto fisico con uomini se non con il marito se ti sposi.

    Il caso esacerberà sicuramente le polemiche sull’immigrazione, che è il tema centrale della intensa e intensa campagna elettorale per le consultazioni parlamentari che si svolgerà nel più importante Paese scandinavo il 9 settembre. Il governo di minoranza socialista-verde sostenuto dai 4 partiti moderati / conservatori, il governo del primo ministro Stefan Löfvén, de facto storico successore del modello svedese (benessere, solidarietà e competitività economica estrema, neutralità filo-occidentale, europeismo, pacifismo) è in crisi terminale.

    Sovrani locali (SverigeDemokraterna, Democrats of Sweden) volano nei sondaggi. In alcuni tacchi socialisti, in altri appaiono testa a testa o in primo luogo. Ieri, il leader sovrano Jimmie Akesson ha detto in un’intervista con la radio pubblica Sveriges Radio “siamo il partito anti-migranti, quindi ci piacciono così tanti cittadini”.
    Dall’onda migratoria del 2015, la Svezia è diventata il paese europeo con il maggior numero di migranti e rifugiati in proporzione ai suoi cittadini e questo ha creato nuove tensioni, criminalità e soprattutto nuove paure collettive.