PALAZZO DEI MARESCIALLI – ‘IL RUOLO DEL PM È UNA FIGURA CENTRALE, MA SERVE SOBRIETÀ’. IL CSM HA APPROVATO LE LINEE GUIDA SULLE INTERCETTAZIONI

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    “Appare centrale il ruolo del pm che, nel trattamento dei dati sensibili, potrà operare una prima selezione delle conversazioni dando direttive sul punto alla polizia giudiziaria, affinché proceda alla trascrizione in sunto o ne annoti solo la mera indicazione dei dati estrinseci”. Ad eccezione di una sola astensione, è stata approvata questa mattina dal plenum del Csm, la delibera della Settima Commissione sulle linee guida in materia di intercettazioni. Come si auspica in questa delibera “che i magistrati si attengano ad onere di sobrietà contenutistica, eventualmente valutando se omissare, nelle conversazioni comunque rilevanti, i riferimenti a cose o persone, se non strettamente necessari, dandone conto con adeguata motivazione. In effetti può affermarsi che un uso corretto e professionale degli strumenti normativi, anche attraverso l’uso mirato e razionale dell’udienza stralcio, che tenga conto anche delle ricadute organizzative, consente di predisporre adeguate misure di garanzia e salvaguardia dei dati e delle informazioni sensibili raccolte nel corso delle indagini e che sono attinenti all’imputazione provvisoria”. A Palazzo dei Marescialli, in qualità di  Relatori del documento: il presidente della Settima Commissione Francesco Cananzi, il consigliere togato Antonello Ardituro e la laica Paola Balducci.”Va ribadito con decisione – si legge ancora – che il rimedio alla divulgazione non può essere rappresentato dalla riduzione dell’area operativa del mezzo di ricerca della prova di esame, che è indispensabile per le investigazioni. Né tantomeno – riporta la risoluzione – dall’opzione di riportare per riassunto e non in forma integrale le conversazioni nei provvedimenti giudiziari, con il rischio di ridurre la genuinità della prova scaturita dalla conversazione intercettata. La mera raccolta di dati personali non provoca una lesione del diritto alla riservatezza, che invece deriva dall’eventuale patologica violazione delle regole di gestione di dati simili”.

    M.