Russiagate, gli Americani vogliono la tutela dell’indagine

    Negli Stati Uniti sembra sempre di essere in campagna elettorale. Ogni annuncio di Trump assomiglia ad un proclama di guerra e migliaia di suoi oppositori scendono in piazza per manifestare contro la sua politica. Molti sono i punti di contrasto: dall’immigrazione, dai dazi imposti a Cina e Ue, la cancellazione dell’acordo sul nucleare con Teheran, fino a toccare la riforma della giustizia e i rapporti controversi con la Russia. Proprio questi ultimi due temi, giustizia e Russia, sono al centro dell’ultima lotta tra Trump e i suoi detrattori. Come è noto alle cronache, il presidente Usa ha voluto riformare l’amministrazione giuridica facendo eleggere nomi che, secondo alla stampa, molto vicini a Washington e molti dei quali indagati per presunte molestie sessuali. Invece, per quanto riguarda la Russia, è noto il feeling che intercorre tra Trump e il presidente Putin, che potrebbe aver influito sulle elezioni statunitensi di due anni fa, facendo nascere il cosiddetto Russiagate. Ciò è stato al centro dell’indagine da parte del Ministero della Giustizia americana e del suo massimo rappresentante Jeff Sessions, scelto proprio da Trump, di cui il giudice era un suo vivace sostenitore. Almeno fino a quando pochi giorni fa quando lo stesso presidente lo ha voluto farlo fuori nel corso dell’indagine. Al posto di Sessions è subentrato Matthew Whitaker, molto vicino alla corrente trumpiana. L’inquilino della Casa Bianca ha reso noto il cambio di poltrona alla Giustizia in un tweet sul suo account: “Matthew G. Whitaker, capo di gabinetto al Dipartimento di Giustizia, sarà il facente funzione. La sostituzione permanente arriverà in futuro. Ringrazio Jeff Sessions per il suo lavoro”. Parole che hanno il sapore, più di un ringraziamento, di una liquidazione in piena regola. In realtà Session si era dimesso dopo che, prima della sua nomina a ministro, non aveva comunicato allo staff della Casa Bianca i rapporti con l’ambasciatore russo in Usa. Ma l’ex primo rappresentante della giustizia americana era entrato da tempo nel radar del presidente quando, poco più di un anno fa, aveva dichiarato di astenersi dal Russiagate e di far condurre l’inchiesta al suo vice Rod Rosenstein. Una vicenda che però sembra non riguardare solamente i corridoi tra White House e Campidoglio. Il Russiagate ha avuto ripercussioni tra la gente e accesso nuovamente l’ira dei contrari a Trump. In migliaia sono scesi in piazza in più di 900 città degli Stati Uniti per far sì che l’inchiesta sul Russiagate avviata dal procuratore con poteri speciali Robert Mueller venga preservata, dopo appunto l’uscita di scena del ministro di Giustizia Jeff Sessions, silurato proprio da chi lo aveva messo in quel ruolo, Donald Trump. “Save Mueller”, ossia “Salvare Mueller”, proclamano a squarcia gola alcuni manifestanti a Washington dopo che le indagini sulle presunte collusioni tra la campagna elettorale del presidente e il Cremlino durante le presidenziali del 2016 è stata affidata al nuovo ministro ad interim e fedelissimo di Trump, Matthew Whitaker. L’ex capo di gabinetto di Sessions è da sempre contrario all’inchiesta di Mueller alla quale potrebbe negare fondi al partito repubblicano o, peggio ancora, far scaturire una serie di ordini di comparizione.