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12 aprile è la Giornata mondiale dell’Uomo nello spazio, dal volo di Gagarin 1961

Siamo alla vigilia del Sessantesimo anniversario del volo spaziale di Yuri Gagarin*. Il 12 aprile è la ricorrenza 1961-2021 del primo abitacolo portato dall’uomo fuori dal pianeta, in assenza di gravità, nel cosmo. L’Italia tra le due superpotenze spaziali si distinse grazie alla genialità dell’ingegnere Luigi Broglio. L’impresa dell’ingegneria spaziale italiana ha portato il nostro Paese al terzo posto e salire sul podio dell’astronautica. Un posto di tutto rispetto che l’Italia ancora afferma nelle attuali missioni congiunte dell’esplorazione aerospaziale e del sistema solare

Raffaele Panico    

Il primo leggendario cosmonauta era un cittadino russo dell’URSS. La durata del primo viaggio nello spazio o nel cosmo ebbe una durata di circa 108 minuti. Iniziava la sfida alla conquista dello spazio tra l’URSS e gli USA, fino alla conquista della Luna, e poi insieme con la missione congiunta Apollo-Soyuz.Sono stati fatti passi da giganti nell’esplorazione spaziale fino ai confini del sistema solare con satelliti artificiali. E in questi 60 anni possiamo annoverare da tempo di Gagarin circa 500 e più astronauti, o cosmonauti, di circa 40 Paesi. Occorre tenera memoria e risalto all’Italia che, tra le due superpotenze spaziali, si distinse grazie alla genialità dell’ingegnere Luigi Broglio. L’impresa di essere il terzo Paese a lanciare un satellite artificiale in collaborazione con gli Americani. Correva l’anno 1964, era il 15 dicembre, dal poligono spaziale americano di Wallops Island, un sottile razzo vettore Scout mette in orbita il satellite italiano “San Marco 1″. Il lancio fa dell’Italia il terzo Paese al mondo – dopo Unione Sovietica e gli Stati Uniti – a mettere in orbita un satellite attorno alla Terra. Artefice di quel ”Progetto San Marco”, che ci fece conquistare il primato da terzo posto sul podio dello spazio è stato il professor Luigi Broglio, un italiano di grande levatura scientifica e morale. Forse oggi sconosciuto al grande pubblico ma dagli addetti ai lavori è considerato l’iniziatore dell’astronautica italiana. Nato a Mestre il 6 novembre 1911, morto a Roma il 14 gennaio 2001, il “padre” indiscusso e solitario dello spazio in Italia (sei satelliti nazionali lanciati) è stato ricordato da Giorgio Di Bernardo Nicolai, un giornalista scientifico particolarmente esperto del settore spaziale, in “Nella nebbia, in attesa del Sole. Breve storia di Luigi Broglio, padre dell’astronautica italiana” (Di Renzo Editore). Personaggio schivo, Broglio non volle mai scrivere una autobiografia e solo poco prima della sua morte accettò di raccontare la sua vita. Broglio è stato fino all’età di 82 anni l’uomo senza il quale non si prendevano decisioni nel poligono di lancio spaziale San Marco, una sua intuizione, installato al largo del Kenya all’equatore, la migliore posizione per il lancio di satelliti. Un poligono creato nel ’64, a soli tre anni dal lancio di Gagarin, e fatto funzionare con materiali dismessi dalla Nasa o fuori norma dell’Aeronautica Militare Italiana, su due vecchi pontoni donati dall’Agip e dalla Marina Usa. Con razzi Scout che solo Broglio è riuscito a farsi dare in omaggio dagli Stati Uniti. Veneziano di terra, cioè era nato a Mestre, cattolico praticante, aveva battezzato le due piattaforme del poligono Santa Rita e San Marco dove partivano i razzi. Luigi Broglio. Aveva inaugurato gli studi spaziali in Italia già dagli anni Cinquanta. Sull’onda di quanto sapeva che avveniva all’estero, appena dopo la guerra, mentre era docente nella facoltà di ingegneria dell’Università di Roma, aveva fatto per primo in Italia esperimenti di propulsione spaziale. L’Università di Roma istituì la prima cattedra in Italia di ingegneria aerospaziale e Broglio ne divenne il direttore. Le due isolette artificiali di ferro del poligono al largo di Malindi erano irte di antenne per seguire i razzi al lancio, e sulla terraferma il campo base era a Ungama Bay, Malindi, per tenere sotto controllo i satelliti in orbita. Alla comunità di ricercatori dell’Università di Roma, e agli uomini dell’Aeronautica Militare, al lavoro per andare a buon fine, bastava essere capitanati da Broglio, e sapere che la Nasa continuava ad inserire il San Marco nei suoi programmi di lancio anche se con lunghi intervalli. Alcuni anni, gli ultimi anni, non sono stati felicissimi per le lungaggini che hanno vanificato il suo progetto del 1977: realizzare un razzo vettore Scout potenziato con parti italiane. L’obiettivo era arrivare poi ad un razzo tutto italiano in grado di lanciare piccoli satelliti da 800 kg in orbita equatoriale, a costi contenuti. Il Cipe aveva concesso 90 miliardi per il 1990-92, ma fu fatto passare tanto tempo che la Nasa mandò nel frattempo in pensione lo Scout. Il gruppo di Broglio, non pochi dei quali furono in “cattedra” o in posti di responsabilità all’Agenzia spaziale italiana o nelle industrie, hanno l’invidiabile primato mondiale di non aver sbagliato un lancio di satellite 11, o di razzo sonda in 25 anni. Sono sei i satelliti scientifici San Marco lanciati fra il dicembre 1964 (primo satellite italiano) e il marzo 1988; quattro satelliti astronomici americani (almeno uno entrato nella storia per aver individuato la prima sorgente extragalattica di raggi x che ha fatto nascere una nuova astronomia) lanciati fra il dicembre ’70 e il maggio ’75, e un satellite scientifico inglese lanciato nell’ottobre ’74. L’anno d’oro, il 1970-71 con tre satelliti lanciati in 11 mesi. Ora la base San Marco, per quanto riguarda i lanci è inattiva; l’ultimo lancio il satellite San Marco-5 è avvenuto nel 1988. Ed è in funzione solo come base di controllo e ricezione dati di satelliti in orbita e per la telemetria dei vettori Ariane lanciati dalla base di Kourou dell’Agenzia spaziale europea. Solo a Broglio gli americani hanno affidato propri satelliti per il lancio. Solo a Broglio l’Aeronautica Militare americana, ha offerto grado e compiti da generale. Il primo accordo di collaborazione spaziale fra la Nasa americana e l’Italia (firmato dal vice presidente Johnson nel settembre ’62) si riferisce proprio ai lanci dei satelliti San Marco e dal poligono San Marco. Broglio era molto ben voluto e stimato dai responsabili della Nasa, con i quali ebbe una collaborazione ultradecennale che consentì all’Italia rapporti da protagonista e non da semplice interlocutore o questuante di tecnologie. Una collaborazione diretta che dura ancora oggi, con la collaborazione italiana alla costruzione della Stazione Spaziale Internazionale.
I satelliti San Marco, con l’ingegnosa “bilancia Broglio” (due gusci collegati ad un sistema di molle e di sensori di registrazione che rilevavano gli urti delle particelle della bassa atmosfera equatoriale), venivano quasi fatti nel “retrobottega”, al Centro ricerche aerospaziali dell’Università di Roma, semplici strutture all’aeroporto dell’Urbe. L’ingegner Broglio è stato inoltre un precursore anche nella utilizzazione dei piccoli satelliti in orbita bassa per utilizzazioni quali telerilevamento, telecomunicazioni, controllo ambientale, ricerche scientifiche.

  • nella foto copertina il gruppo di Sergej Pavlovič Korolëv ingegnere sovietico insieme a Yuri Gagarin (foto archivio dell’autore)