APPELLO DI DRAGHI CONTRO LA DISOCCUPAZIONE, “A CASA I GOVERNANTI INCAPACI” MA MANCA LA SUA RICETTA SUL CHE FARE di Giovanni Miele

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    Parole così chiare e toni così severi forse non erano stati mai usati dal presidente della BCE Mario Draghi nei confronti dei Governanti e della politica in generale. Dire che  ” gli elettori devono mandare a casa i governi che non sono riusciti ad agire contro la disoccupazione”, significa, nei fatti dismettere l’abito da tecnico, seppure di altissimo livello, e  indossare quello del protagonista politico, che si rivolge direttamente all’elettorato per in dicare un metro di valutazione dell’operato di chi ha la responsabilità della cosa pubblica. Il metro indicato è quello della capacità di contrastare il drammatico fenomeno della disoccupazione, che obbiettivamente rappresenta la priorità assoluta per milioni di famiglie e di giovani sicuramente, ma dire soltanto “mandiamoli a casa” appare piuttosto semplicistico. Oltretutto Draghi ribadisce che “mettere in dubbio lo spirito del contesto di governance fiscale sarebbe autolesionista ed autodistruttivo” e che “i governi devono avere lo spazio di bilancio, e la sostenibilità delle finanze pubbliche non deve essere messa in dubbio”. Dunque, in pratica non si parli di flessibilità e di revisione del fiscal compact e si proceda con le riforme strutturali.

    “La crescita potenziale – ha affermato- è
    troppo bassa per tirare le nostre economie fuori dall’elevata
    disoccupazione e anche per consentirci di superare velocemente il
    carico di debitolasciato dalla crisi e dal periodo che l’ha preceduta”
    . Ma – ha aggiunto- “I governi dell’area euro sanno bene cosa devono
    fare. Devono semplicemente attuare le loro specifiche, nazionali
    riforme strutturali. E più vigorosamente lo fanno, – ha concluso-  più
    credibile diventerà la crescita potenziale e più velocemente tornerà
    la fiducia nell’area euro”. Bene quindi la riforma del Jobs Act di
    Matteo Renzi, ma no a politiche di investimenti e di detassazione che
    portino al superamento dei limiti imposti dai trattati
    europei.Fortunatamente il presidente della BCE conferma la politica
    monetaria di riduzione dei tassi e parla per il prossimo anno di
    possibile riapertura del credito da parte delle banche per famiglie ed
    imprese, ma non è chiaro se si tratta di una promessa o di un
    auspicio. In sostenza quello di Draghi appare un appello che, da una
    parte vuole essere incoraggiamento ed un apprezzamento per il
    decisionismo di Renzi e dall’altra deve tenere conto delle posizioni
    ancora molto rigide dei rappresentanti della Signora Merkel
    all’interno del Consiglio Direttivo della BCE. Dunque, al di là del
    richiamo, di vago sapore populista, alla lotta alla disoccupazione,
    nei fatti manca quell’impulso decisivo e quella svolta nelle scelte di
    politica economica a livello europeo,  di cui ci sarebbe urgente
    bisogno,soprattutto in Italia, se non si vuole che si avveri la
    profezia del Fondo Monetario Internazionale che prevede per il nostro
    Pasese un rapido declino, in assenza di contromisure immediate ed
    efficaci. E’ su questo punto, evidentemente , che il Presidente Renzi
    gioca il suo torneo politico, consapevole sicuramente, che non è
    sufficiente vincere nel suo partito e nel parlamento nazionale e che
    la partita decisiva si gioca soprattutto in Europa.