Aumento Iva: quanto costerebbe agli italiani

    Negli ultimi giorni si è discusso più o meno animatamente dell’aumento dell’Iva, con le parole del ministro dell’Economia Tria che hanno alzato il livello di allarme, e il vicepremier Di Maio pronto a correre ai ripari, dichiarando che con questo governo non ci sia nulla da temere in questo senso. Occorre però fare due conti, nell’eventualità che la clausola di salvaguardia sull’Iva entri in vigore: quali potrebbero essere gli effetti delle misure, in particolare per le tasche degli italiani? 

    Aumento Iva: il dettaglio delle ricadute sui consumi

    Il responsabile del Centro Studi di Confcommercio Mariano Bella ha spiegato quelli che potrebbero essere gli effetti dell’aumento dell’Iva: “Gli ultimi due aumenti Iva sono stati nel 2011 e nel 2013, e quei tre anni sono stati tra i peggiori della nostra storia economica in termini di consumi. Ma nella situazione attuale di domanda debole i produttori potrebbero decidere di evitare una traslazione completa sui prezzi, e in quel caso l’imposta graverà in parte anche sui redditi dei produttori, diventando ancora più nociva per l’economia perché avrà un impatto su tutta la filiera produttiva, dall’agricoltura all’industria”. Un’altra conseguenza potrebbe essere la contrazione dell’occupazione: con minori guadagni, le imprese potrebbero ridurre la produzione e quindi utilizzare meno lavoratori. La stima dell’Istat sui consumi riporta un calo dello 0,2% annuo, e la previsione appare troppo ottimistica: per Confcommercio un livello più veritiero sarebbe lo 0,7- 0,8%, con 382 euro di tasse in più per cittadino, e quasi 900 per nucleo familiare.
    Confesercenti ha parlato nel dettaglio di una flessione dei consumi: si parla di un calo di una decina di miliardi. “È dal 2010 che ci portiamo dietro queste clausole di salvaguardia – ha dichiarato il segretario generale Mauro Bussoni – e in quegli anni, tra il 2011 e il 2013 e poi anche dopo, il gettito aggiuntivo è stata una delusione, tant’è vero che poi a lungo si è evitato di riproporre un ulteriore aumento, per evitare l’impatto negativo sui consumi interni che valgono il 60% del Pil”.