Brexit: stallo infinito. Piani alternativi affossati

    Ancora una volta il Parlamento inglese non trova la quadra su piani alternativi a quelli della May e la stagnazione sulla Brexit diventa sempre più cronica. Gli alternative votes, ovvero le proposte di soluzioni diverse che i vari deputati hanno messo sul piatto sono stati interamente rigettati ieri sera e, a questo punto, il No deal diventa sempre più drammaticamente vicino. “Se il Regno Unito vuole ancora lasciare l’Ue in modo ordinato, l’accordo di divorzio è e resta l’unico modo” ha tuonato il negoziatore principale dell’Ue Michel Barnier, dopo le votazioni fallite di ieri sera. “Abbiamo sempre detto che possiamo accettare un’unione doganale o una relazione sul modello Norvegia. La dichiarazione politica può essere adeguata. Se i Comuni non votano a favore nei prossimi giorni, restano solo due opzioni: un ’no deal’ o un posticipo più lungo dell’uscita”.

    Brexit, il Parlamento non trova accordo su proposte alternative

    Non c’è pace dunque per il Regno Unito sul fronte della Brexit, dato che per l’uscita dall’Unione Europea anche le ultime proposte sono state affossate. In questa circostanza, sono stati quattro i piani che non hanno goduto dei favori dell’assise: in primis la proposta di permanenza nell’unione doganale, ma anche l’eventualità di aderire al mercato unico come ad esempio succede in Norvegia (un tentativo avanzato da Nick Boles, dimesso dal suo partito); proseguendo, non c’è stato accordo per istituire un secondo referendum. questo su qualunque piano che possa passare in Parlamento, e neanche sull’ipotesi di rinvio della Brexit per scongiurare il No deal.  La May tira dunque un sospiro di sollievo, almeno fino a mercoledì quando saranno previsti nuovi alternative votes: è bene ricordare che in caso di accordo la premier non potrebbe ignorare quanto potrebbe emergere dal Parlamento, in caso di soluzioni approvate per un piano alternativo al suo. In giornata la May sarà di scena in un consiglio dei ministri della durata prevista di cinque ore, un prolungamento inedito della riunione proprio per cercare una soluzione al momento di stagnazione. Si cerca di tenere serrate le file anche se il tempo stringe: il 10 aprile sarà la data del destino, in cui Londra dovrà decidere se domandare un ulteriore rinvio, pagando il prezzo di di un nuovo referendum (o nuove elezioni) richiesto dall’Ue, far approvare in qualche modo l’accordo di May o abbracciare in modo definitivo la croce del No Deal.