Cina e Usa provano a parlarsi sul commercio

    La Cina e gli Stati Uniti cercano di riaprire il dialogo sulle tariffe, per evitare un’escalation che minaccia la crescita globale. Dopo settimane in cui i negoziati sembravano essere in fase di stallo, con tariffe aggiuntive arrivate entro una settimana, il governo di Pechino ha annunciato che una delegazione commerciale partirà per Washington alla fine di agosto. Molti indizi, tuttavia, causano dubbi sul fatto che un significativo rilassamento può venire dall’incontro. Di fatto, le due squadre attorno al tavolo saranno guidate da funzionari di seconda categoria, un vice ministro del commercio cinese e un sottosegretario degli Stati Uniti, certamente non figure in grado di firmare un accordo. Una negoziazione sulla negoziazione delle tariffe, come qualcuno l’ha già definita.

    Nulla a che vedere con i negoziati che a maggio a Washington avevano visto il vice premier Liu He, il potente braccio economico economico di Xi, e tutti i principali collaboratori di Trump su questioni economiche. La delegazione cinese se ne andò convinta di aver chiuso un accordo, altri acquisti di prodotti americani, in particolare energia e agricoltura, ma dopo essere stato criticato per aver dato troppo Trump, cambiò tutto dopo pochi giorni. Il risultato nelle settimane seguenti fu un ulteriore inasprimento della guerra commerciale.

    Il 23 agosto entrerà in vigore un nuovo pacchetto di 16 miliardi di dollari USA sulle importazioni cinesi, che si aggiungerà ai 34 miliardi già attivati, a cui la Cina risponderà con misure uguali e contrarie. Nel frattempo, il presidente americano minaccia di colpire ulteriori prodotti per 200 miliardi, con tassi precedentemente assunti pari al 10% e poi portati a 25.

    Di fronte a una tale mossa, che avrebbe di fatto effetto su tutte le esportazioni cinesi verso gli Stati Uniti, Pechino non avrebbe più strumenti diretti di ritorsione: i beni nella direzione opposta, infatti, dagli Stati Uniti alla Cina, valgono meno. Secondo alcuni osservatori, il fatto di trovarsi senza più munizioni a rispondere (insieme al rallentamento dell’economia cinese, più deciso del previsto) avrebbe convinto Pechino ad attenuare la propria posizione. Certamente, tuttavia, Xi Jinping non può nemmeno permettersi di concedere troppo, soprattutto limitando i piani strategici di sviluppo tecnologico per il Drago come Made in China 2025, che gli Stati Uniti considerano una minaccia al loro primato hi-tech. E inoltre, è improbabile che Trump rinunci alla presa prima delle elezioni di Midterm del 6 novembre, dal momento che aver messo la Cina contro il muro (dal suo punto di vista), è uno dei forti argomenti della campagna elettorale.

    In breve, l’ipotesi più probabile è che la visita alla fine di agosto si rivelasse del tutto interlocutoria, una trattativa sul negoziato in effetti. Nel frattempo, l’escalation continuerà, rendendo la negoziazione, quella reale, ancora più difficile da riprendere.