Cittadinanza sospetta, analisi del blitz

    Prendono sempre più corpo le notizie relative alla operazione che le autorità hanno messo in piedi per porre rimedio ad un flusso di erogazioni di incartamenti di cittadinanza italiana irregolari o comunque quantomeno sospetti.  L’operazione ricordata col nome in codice “K10″ parte dalle contestazioni del CNAIPIC dalla Direzione centrale per i diritti civili e del Dipartimento libertà civili ed immigrazione a seguito di alcune delle incertezze che si sono presentate a fronte di alcuni controlli in merito a irregolarità informatiche. Dalle analisi sono venute fuori le ombre di alcuni gruppi criminali che mercanteggiavano intorno alla possibilità di concedere la cittadinanza italiana attraverso la collaborazione di una dipendente del Dipartimento che a quanto pare, tramite un collegamento automatizzato nei sistemi informatici, anche in presenza di casi nei quali le peculiarità dei soggetti richiederti rendevano particolarmente complicata l’erogazione della cittadinanza italiana, come per esempio la sussistenza di precedenti penali o di un reddito insufficiente o l’assenza di una residenza conclamata nel territorio italiano.

    Cittadinanza sospetta, analisi del blitz: arresti e indagini, e connivenze interne per favore l’iter

    Dunque sarebbe proprio la sussistenza di particolari connivenze interne l’elemento centrale della faccenda. Una dipendente del Dipartimento libertà civili ed immigrazione, accaparrandosi in modo illecito le credenziali per accedere nel sistema e, ovviamente dietro un pagamento che ritenesse congruo al rischio della operazione, provvedeva a correggere con un intervento l’iter nella sua interezza per modificare, appunto, il procedimento delle istruttorie e ‘lavorare’ intorno alle situazioni irregolari ed alle gravi mancanze che non avrebbero, in condizioni di legalità, concesso la cittadinanza. Al contrario, la dipendente permetteva la conclusione positiva dalla procedura e tutti i cittadini stranieri ottenevano la cittadinanza italiana anche se non ne avevano diritto. Nell’ambito delle operazioni di perquisizione sono poi stati sottoposti a perquisizione 135.000 euro in contanti, come risultato comprovante delle attività di corruzione. Complessivamente oltre i 12 indagati parti attive nel sistema ed il marito della dipendente del Viminale vengono deferiti ulteriori 7 soggetti per corruzione.