Esecuzione di massa in Arabia Saudita: in 37 giustiziati

    Pioggia di condanne a morte in Arabia Saudita. Una vera esecuzione di massa è stata effettuata ieri nel paese arabo, con 37 persone mandate alla pena capitale per l’accusa di terrorismo. Si tratta della condanna a morte più ampia a partire dall’inizio del 2016, quando nel mese di gennaio 47 condannati, in maggioranza di etnia sciita, erano stati mandati a morte con l’accusa di aver generato degli scontri nella parte orientale del Paese e violenze dall’Iran al Pakistan.

    Esecuzione di massa in Arabia Saudita: sciiti legati ad una cellula Isis

    Delle persone condannate a morte ieri, un uomo ha subito la crocifissione, una modalità di esecuzione ancora in uso in Arabia Saudita. Secondo i dettami delle regole islamiche, invece, tutti gli altri sono stati giustiziati per decapitazione, come riferisce l’agenzia di stampa saudita. Uno dei cadaveri è stato lasciato con il corpo separato dalla testa mozzata: anche questa, una pratica a volte in uso per ammonire la popolazione, effettuata negli ultimi anni e che significa, dalla parte del potere, un messaggio ben chiaro di pugno duro e tolleranza zero.
    Le 37 persone giustiziate ieri si trovavano in prigione da parecchio tempo ed erano esponenti della minoranza sciita, in gran parte, oltre a importanti personalità di tribù sunnite, note per le posizioni conservatrici. L’accusa per tutti i condannati era di attentati alla sicurezza dell’Arabia Saudita, mediante la preparazione di atti eversivi. Secondo il ministero dell’Interno, le esecuzioni sono riconducibili alla scoperta di una cellula dell’Isis che sarebbe stata in procinto di agire. La firma sulle condanne, che porta il nome del re Salman, sarebbe secondo gli esperti invece dovuta a Mohammed bin Salman, il principe ereditario che di fatto ora gestisce il Paese: su di lui, recentemente sono piovute le critiche di tutto il mondo per la vicenda poco chiara legata all’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi.