I carabinieri che passavano informazioni a Messina Denaro

    A poche ore dalla notizia dell’arresto di due carabinieri e dell’ex Sindaco di  Castelvetrano, nell’ambito delle indagini e delle ricerche del boss latitante Matteo Messina Denaro, ci si continua a domandare come sia stato possibile che due investigatori dall’ottima reputazione possano essere stati coinvolti in una così deprecabile vicenda. Il tenente colonnello Marco Zappalà, impiegato con la Dia, prima di questa giornata era considerato una delle risorse più fidate dell’antimafia: aveva infatti lavorato anche sulle indagini riguardanti le stragi di Falcone e Borsellino, ed anche l’appuntato Giuseppe Barcellona, l’altro arrestato, aveva nel curriculum numerose esperienze in indagini antimafia, con il ruolo di seguire delle delicatissime intercettazioni disposte dalla procura di Palermo; una delle quali, poi, in base a quanto emerso è stata fatta perfenire al boss.

    I carabinieri che passavano informazioni a Messina Denaro: il ruolo nella vicenda

    Insieme ai due carabinieri, coinvolto anche l’ex sindaco di Castelvetrano Vaccarino. Una vicenda ancora più intricata, la sua: nel 2007 era stato ingaggiato dal Sisde con un ruolo delicatissimo: con il boss Messina Denaro aveva intrattenuto uno scambio abbastanza continuo di “pizzini”, secondo la sua versione “per provare a giungere alla sua cattura”. I magistrati di Palermo avviarono le indagini sul suo conto per concorso esterno in associazione mafiosa, in seguito ad un’intercettazione casuale, ma in quel caso i servizi segreti confermarono che Vaccarino fosse un loro infiltrato, portando all’archiviazione del caso. Ci si chiede però, a questo punto, se l’ex sindaco non facesse il doppio gioco. Un ulteriore elemento per ricomporre la storia riguarda Mario Mori, il direttore del Sisde che curò quel caso, oggi generale del Ros in pensione, è a sua volta stato condannato nel processo Trattativa Stato-mafia per 12 anni in primo grado; si tratta della trattativa avvenuta dopo la strage di Capaci, con la quale Mori ed altri due ufficiali (Antonio Subranni e Giuseppe De Donno) avevano tentato di stabilire un contatto con l’ex sindaco mafioso di Palermo Vito Ciancimino al fine di “fermare le stragi”, poi tutti condannati. L’accusa sostiene la tesi che essi in realtà svolsero il ruolo di intermediari fra lo stato e il boss Totò Riina.