Il Senato argentino dice no all’aborto: scontri in piazza

    Svanite le speranze delle organizzazioni femministe argentine dopo il respingimento della proposta per la legalizzazione dell’aborto da parte dei senatori, nonostante il disegno di legge fosse stato già approvato a giugno dalla Camera dei deputati. Un dibattito durato ben 16 ore, al termine del quale 38 senatori si sono dichiarati contrari al testo che prevedeva l’interruzione volontaria della gravidanza durante le prime 14 settimane, 31 hanno invece votato a favore e due si sono astenuti.

    Inevitabili gli scontri scoppiati a Buenos Aires in seguito al voto: i manifestanti pro-aborto hanno lanciato pietre e bottiglie e dato fuoco a cumuli di spazzatura a pochi metri dall’ingresso del parlamento argentino. La polizia ha risposto sparando gas lacrimogeni e la vicenda si è conclusa con l’arresto di diverse persone. Si è trattato, tuttavia, di una minoranza rispetto alla dimostrazione pacifica con cui decine di migliaia di persone – sia favorevoli che contrari alla legge – hanno atteso l’esito del dibattito-fiume al Senato.
    Tra i senatori dichiaratisi favorevoli alla legge c’è stata Cristina Fernandez de Kirchner, presidente della Repubblica argentina dal 2007 al 2015, che ha ammesso di essersi opposta in precedenza, ma che “le migliaia di ragazze che hanno manifestato per le strade” a sostegno della legge, le avevano fatto cambiare idea. “Non è una questione di credenze, ma di un problema che esiste” ha continuato la Fernandez.
    Una piazza, quella di Buenos Aires, divisa tra gli attivisti abortisti che indossavano sciarpe verdi e gli oppositori, con indosso fazzoletti celesti. I raduni non si sono però fermati solo nelle zone centrali, ma sono stati organizzati anche nei capoluoghi di provincia argentini, in Spagna e in altre città straniere.

    Centinaia hanno manifestato anche in Messico e Costa Rica per sostenere gli attivisti pro-aborto argentini., “Il disegno di legge – ha affermato l’arcivescovo di Buenos Aires, Mario Poli – mette degli esseri umani indifesi e vulnerabili che si trovano in gestazione in una strada senza uscita, senza possibilità di difendersi, senza giudizio né processo”.

    Il presidente Mauricio Macri, nonostante avesse dichiarato di essere personalmente “a favore della vita”, aveva esortato il parlamento a discutere la questione: “Non importa quale sarà il risultato” ha twittato Macri. “Oggi vince la democrazia” ha aggiunto, definendo il voto “trascendentale” e incoraggiando gli argentini ad “accettare che ci siano altri che la pensano in modo diverso”.

    Attualmente in Argentina è possibile interrompere una gravidanza solo in due casi: stupro o rischio per la vita della madre; la nuova legge, invece, avrebbe permesso alle donne di abortire negli ospedali pubblici gratuitamente fino alla 14esima settimana. In con il ’No’ del Senato, tuttavia, tali proposte non potranno più essere presentate al Congresso per un anno, ossia fino al 2019, quando terminerà l’attuale legislatura.

    Le organizzazioni della società civile hanno stimato che sono circa 500.000 gli aborti illegali eseguiti ogni anno nel Paese sudamericano, anche se gli esperti hanno messo in discussione la cifra. Secondo i dati ufficiali, nel 2016 il Paese ha registrato 245 casi di mortalità materna. Di questi, 43 erano dovuti ad aborti o aborti spontanei.