L’SOS TELEFONICO DI FAILLA: ‘SONO SOLO, HO BISOGNO DI AIUTO’. CALCAGNO: ‘NON PARLAVANO ITALIANO’. ESEGUITA L’AUTOPSIA, IL LEGALE: ’HANNO MANOMESSO LE PROVE’

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    “Iosono rimasto da soloe ho bisogno di cure mediche,ho bisogno di aiuto. Parla con giornali e tv, vedi di muovere tutto quello che puoi muovere”, è quanto denunciato dalla moglie di Salvatore Failla, ieri sera all’aeroporto di Ciampino, nel corso della conferenza stampa seguita al rientro (finalmente) in Italia delle salme dei due sfortunati tecnici della Bonatti, rimasti uccisi in Libia dopo oltre 8 mesi di prigionia. La signora castro, ripercorrendo l’odissea del marito e del collega Fausto Piano, ha raccontato che “nel corso delle telefonate uno dei sequestratori si sforzava di parlare italiano”. Poi ancora: “I funerali di Stato non mi interessano. Dov’è lo Stato?”. La donna ha inoltre fatto ascoltare l’audio dell’ultima conversazione telefonica avuta con il marito, risalente al 13 ottobre scorso. “Tra i nostri sequestratori nessuno parlava l’italiano”, ha ribadito Filippo Calcagno, rientrato sano e salvo dalla Libia con il collega Pollicardo, intervenendo in diretta telefonica alla trasmissione ’Radio anch’io’.  “Ho sentito la registrazione di Failla fatta ascoltare ieri dalla moglie – ha detto Calcagno provato dall’audio del collega morto –  Le cose sono andate così, il racconto non si allontana dalla realtà, dall’incubo che abbiamo vissuto. Loro ci avevano chiestoun numero di cellulare di tutti nostri familiari. Io non ricordavo a memoria il numero dei cellulari di mia moglie e dei miei figli e gli dissi che l’unico numero che potevo dare era quello fisso di casa e lo presero.Ce li hanno estorti. Tra i sequestratori non c’era chi parlava in italiano – ha aggiunto l’ex ostaggio –  Ci dissero attraverso Salvo Failla, che era l’unico che capiva il francese, che loro non parlavano neppure tanto bene, di stare attenti e di non dire altre cose se non quelle cose che venivano suggerite”. A proposito del ritrovamento di un passaporto nel covo, Calcagno ha precisato che: “Quello che hanno trovato nel covo dove eravamo non lo so, abbiamo cambiato luogo solo il 28 novembre. Certo – ha detto ancora – cheavevamo avuto l’impressione di una trattativa in corso, ce ne accorgevamo dal trattamento. Quando il contatto non c’era venivano e si sfogavano con noi, giù botte; quando c’era erano più calmi” ha ricordato, alludendo alla difficile trattativa. detto, parlando del possibile riscatto messo sul piatto per la liberazione. Poi, riguardo alla ricostruzione dei fatti che Paolo Gentiloni, ministro degli Esteri, ha reso noto, Calcagno sottolinea che “non si allontana da quell’incubo che abbiamo vissuto” e che ha “saputo di Salvatore e Fausto solo al nostro ritorno in Italia”. ’’Non ci sonotracce di colpi dati alla testa, i colpi mortali sono almeno due,uno a livello dello sterno è uno a livello lombare. Tutti organi vitali che vanno facilmente in emorragia quindi si rompono i grossi vasi e si muore subito’’. Lo riferiscono i due consulenti medici legali, prof. Orazio Cascio e la prof.ssa Luisa Regimenti, nominati dalla famiglia di Salvatore Failla, incontrando la stampa nello studio dell’avv. Francesco Caroleo. “Le nostre perplessità purtroppo si sono rivelate fondate – ha dichiarato l’avvocato Caroleo –  Quello che ci hanno detto oggii medici legali è di inaudita gravità. Sono stati estratti parti di tessuto corporeo per rendere impossibile l’individuazione dei fori di ingresso e di uscita nonché la distanza da cui i colpi sono stati esplosi e la posizione in cui si trovava la vittima. Se eliminano la traiettoria, la posizione della vittima , la distanza da cui sono partiti i colpi e il tipo di arma cosa rimane – evidenzia giustamente il legale dei Failla – è stato fatto qualcosa volutamente, hanno eliminato l’unica prova oggettiva e determinante per la ricostruzione della dinamica dei fatti. Il soggetto purtroppo non si sa chi è”. E infine sull’autopsia fatta a Tripoli conclude: più che un’autopsia “è stata una macelleria”.’’Sono emersi sei fori d’entrata provocati da arma da fuoco, nessuno alla nuca’’, hanno illustrato i due medici, che hanno inoltre spiegato come ’’L’assenza dei proiettili non ci fa risalire all’arma, l’assenza dei fori non ci fa risalire alla distanza dello sparo. Alcuni fori sono stati prelevati per motivi di indagine locale. È chiaro che per i fori di entrata e di uscita si procede a un esame istologico, ma a noi non hanno consegnato nulla perché non abbiamo né il rapporto dell’eventuale medico italiano né quello del medico legale libico’’. Sulla data delle morte dei due tecnici italiani ’’i segni sono stati alterati da condizioni di conservazione della salma che non conosciamo – sottolineano ancora i due consulenti medici –  Possiamo dire che dopo l’autopsia a Tripoli molti dettagli non ci sono’. ’I fori sono circa sei ma la situazione di fronte alla quale ci siamo trovati non ci consente di dare ulteriori spiegazioni perché l’autopsia è stata eseguita altrove,non ci sono stati restituiti i vestiti della vittimané abbiamo un video dell’autopsia, eseguita dai medici legali di Tripoli’’. Infine Cascio e la Regimenti rispetto all’eventualità di possibili ‘manomissioni’ operate in Libia sul corpo di Failla, hanno dichiarato laconicamente che: ’’Più che di manomissione possiamo parlare di un metodo che ostacola il nostro modo di lavorare’’.

     

    M.