NEL RISPETTO DEI PRINCIPI DELLA SHARIA IL GRUPPO BCI, DELLA CORDATA GUIDATA DA DE BUSTIS PER CARISMI, COME ACCADE DA ANNI IN GB SI OCCUPERÀ DELLA FINANZA ISLAMICA

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    Si parla di soldi, tantissimi soldi. Ed era inevitabile che prima o poi qualcuno decidesse di ‘settorializzare’ anche un bacino finanziario di così ampie proporzioni. Così, investendo mezzi e risorse in un progetto che rispetti i principi della Sharia (termine arabo che indicala via maestra per giungere alla salvezza), il gruppo Bci, che fa parte della cordata guidata da Vincenzo De Bustis per Carismi, ha annunciato divoler aprire filiali dedicate. Attenzione però, non si parla di istituti di credito ‘dedicati’, ma di un team specializzato – conpromotori finanziari e agenti assicurativi – per prodotti dedicati alla Finanza islamica. Del resto i numeri parlano chiaro: in Italia i musulmani – indipendentemente dagli investimenti operati all’estero – ‘producono’ risparmi per qualcosa come 6 miliardi di euro. E in tal senso, come rivela all’agenzia di stampa Adnkronos il fondatore di ASSAIF (la prima società europea in consulenza di finanza islamica), Alberto Brugnoni: “Dal Golfo, dalla Malesia, potrebbero arrivare finanziamenti per investire in infrastrutture e imprese in Italia”, dice riferendosi soprattutto  ai cambiamenti, previsti dal disegno di legge, calendarizzato nei giorni scorsi. “Si aprirà un business, ma anche una forma di inclusione finanziaria e quindi sociale per tutte quelle comunità musulmane che lavorano e producono in Italia: restano altrimenti ’cittadini di serie B’”. Per finanza islamica si intende, l’insieme di tutte quelle transazioni finanziarie conformi ai principi dellaSharia. L’economia islamica si fonda sul principio di distribuzione della ricchezza per ottenere giustizia, uguaglianza, equità ed equilibrio economico nella società. “Per definizionela finanza islamica passa sempre attraverso un qualcosa di concreto – aggiunge Brugnoni – Siccome tutti i sistemi fiscali occidentali sono basati sul tasso di interesse, per la finanza islamica è necessaria una doppia transazione e viene così penalizzata perché così paga due volte le tasse”. Il Professor Paolo Pietro Biancone, docente di Finanza islamica responsabile dell’European Centre for Research on Islamic Finance, asserisce che il sistema islamico di intermediazione finanziaria presenta sviluppi del 15-20% all’anno, e “la sua attività si ispira ai principi morali ed etici della Sharia, conforme ai dettami del Corano che vieta l’applicazione di tassi di interesse e la realizzazione di profitti basati su una eccessiva incertezza”. Severi (e forse alcuni ‘invidiabili’), i principi fondamentali che riporta il portale Islamic Finance, che comprendono il divieto di usura, di speculazione e di gioco d’azzardo, oltre di investimenti e di attività in prodotti o servizi non etici quali l’alcool, il tabacco, la carne suina, la pornografia e le armi. I soldi del fedele non dovranno rischiare, quindi, di essere impiegati per attività finanziarie che non seguano i dettami del Corano. Come spiega poi all’Adnkronos Filippo Bellavite Pellegrini, commercialista e socio fondatore dell’ASSAIF – che ha sperimentato questa forma di mutuo nell’ottobre del 2006 – nel caso dell’acquisto di una casa il problema si pone solo se il compratore non ha subito i soldi per comprarla. Se c’è bisogno di un mutuo non ci sono strumenti che rispettino uno dei principi cardine della finanza islamica: il denaro non può generare denaro: “E’ una sorta di leasing che di fatto è un contratto islamico – spiega il commercialista – quindi uno paga l’utilizzo del bene, comprato con quel denaro e non paga il prestito in denaro. L’interesse non è sul denaro prestato, ma è un canone di utilizzo di un bene, acquistato con quei soldi. E’ come pagare un affitto, un noleggio”. Uno strumento di inclusione sociale. “Permettere a degli immigrati di fede islamica di comprare casa, seguendo i propri principi, significa fare integrazione”. Ma quella che per l’Italia potrebbe essere una novità, in realtà in Gran Bretagna è da molti anni una realtà. Come nel caso dell’Islamic International Financial Market, creata ben 15 anni fa, o della Islamic Bank of Britain ha ricevuto la licenza di operare nel Regno Unito fin dal 2004. Ricordiamo anche che il Regno Unito, non è stato il primo governo occidentale a emettere un bond islamico riscontrando un notevole livello di interesse e attraendo ordini dagli investitori globali per 2 miliardi di sterline, seguito nello anno dal Lussemburgo con un bond islamico a 5 anni da 200 milioni di euro.

    M.