Oms, i migranti non portano malattie

    La leggenda che  ’i migranti sono cause di nuove malattie rimane tale, mentre è concreto il rischio che la loro condizione peggiori una volta sbarcati nei Paesi di approdo per via dell’ambiente malsano in cui vivono. Un altro fatto screditato è che i migranti arrivino sempre in gruppi maggiori, mentre nei 54 Stati inclusi nell’area dell’Oms-Europa rappresentano poco più del il 10% della popolazione. E’ quanto stabilisce il primo report dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) sulla salute dei migranti e dei richiedenti asilo in Europa illustrato oggi a Ginevra. 

    Oms, i migranti non portano malattie. Uno studio dell’Istituto Nazionale salute, Migrazioni e Povertà

    Lo studio, condotto con il sostegno dell’Istituto Nazionale salute, Migrazioni e Povertà (INMP) italiano, si centra sui numeri di oltre 13mila documenti tratti dai 54 paesi che si trovano all’interno della regione Europa dell’Oms. Il primo falso mito, è scritto, è nel numero dei profughi, che oggi nell’intera zona consistono nel 10% della popolazione, mentre in alcuni Stati europei la popolazione immagina che siano 3 o 4 volte superiori a loro.In tema di sanità poi, la salute dei migranti che giungono è buona. Il pericolo di malattie non trasmissibili, come tumori o problemi cardiaci, è meno probabile che nella popolazione generale, ma cresce al prolungarsi del periodo di soggiorno a causa dello sbarramento ai servizi sanitari e delle condizioni igieniche generalmente gravi. Anche per le malattie infettive il sentito dire non trova riscontro – evidenzia Santino Severoni, responsabile del programma Oms Europa sulla migrazione e la salute -. E’ vero che la traversata delle popolazioni viene reputata una fonte di rischio, e per questo la si controlla, ma è comune a tutti gli spostamenti. Si calcoli ai 400mila che sono giunti via mare in Italia nel 2016 e ai 20 milioni di passeggeri che transitano per l’aeroporto di Fiumicino. La realtà è che anche quando giungono persone con infezioni l’evento è così raro che non rappresenta un problema per la salute pubblica”.