PENSIONI – DIVERSE LE OZPIONI AVANZATE CIRCA LA FLESSIBILITÀ IN USCITA ANTICIPATA DAL LAVORO. SI RAGIONA SUI 62/63 ANNI DI ETÀ E 20 ANNI DI VERSAMENTI

    inps.jpg (1016×798)

    “Le discussioni sulla flessibilità in uscita sono slittate alla prossima Legge di Stabilità non per mancanza di volontà ma per l’impatto dei costi sui conti pubblici”, ha dichiarato ieri Tommaso Nannicini, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, commentando la disponibilità del governo ad affrontare il tema delle pensioni e della flessibilità in uscita. “E’ una battaglia complicata – ha spiegato Nannicini alla web tv della Cisl – perché servono circa 5-7 mld l’anno per diversi anni”, da qui la necessità di inevitabili “penalizzazioni” per chi decide di ritirarsi prima dal mercato del lavoro. “Qualunque intervento prevede delle penalizzazioni”, ha annunciato il sottosegretario, spiegando che chi vorrà ritirarsi anticipatamente dal lavoro necessariamente dovrà prendere un assegno ridotto. “Questo va fatto in un’ottica di equilibrio nel rapporto tra le generazioni per evitare problemi di cassa che ci impongono di presentarci alla Ue dicendo che prevediamo delle penalizzazioni”. Dal canto suo il presidente dell’Inps Tito Boeri, in tema di  flessibilità in uscita dal lavoro, c’è la proposta di un’uscita anticipata dal lavoro a partire da 63 anni e 7 mesi, 20 anni di contributi e un importo minimo maturato di 1.500 euro, con una penalizzazione di circa il 10-11 per cento dell’assegno mensile. Non ultima, la proposta presentata in Parlamento da Cesare Damiano, presidente della commissione Lavoro della Camera, e dal sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta, in cui si prevede la possibilità di lasciare il mercato del lavoro con 35 anni di contributi e una penalità del 2% per ogni anno di anticipo. Lasciando il lavoro a 62 anni si avrebbe invece una penalizzazione dell’8%.

    M.