QUELLO CHE AVANZA LO MANGIAMO NOI, NON SI BUTTA IL CIBO BUONO: NESSUNA FRODE

    E’ stata una botta terribile per la sua immagine bonaria, entrata nelle simpatie degli italiani al punto da spalancargli le porte di una popolarità ’attoriale’. L’ispezione dei Nas nel suo ’Bistrot’ torinese, diretto dalla moglie, ha infatti generato dure reazioni e profonde polemiche, soprattutto per il fatto che lo hanno toccato in quello che è da sempre il suo habitat naturale: i fornelli. La presenza di cibo surgelato nei frigoriferi del paladino del cucinare fresco e di qualità, ha letteralmente spiazzato tutti. Ma Antonino Cannavacciuolo non ci sta, e stamane ha provato a raccontare al cronista de ’La Stampa’ la sua verità: “Ma quale frode?”, tuona lo chef partenopeo, rivendicando la freschezza dei prodotti che vengono serviti nei piatti del suo ristorante. “Quella che finisce in tavola è sempre fresca, ci mancherebbe. Può succedere, però, che ne avanzi un po’. E allora viene congelata, ma – tiene a ribadire – esclusivamente per uso personale e non per essere proposta successivamente ai clienti. Insomma, il cibo buono non si butta. Ma quella roba, lo ripeto, ce la mangiavamo noi e nessun’altro”. Per quel che riguarda invece il pesce, aggiunge ancora Cannavacciuolo, “Si tratta di prodotti che devono essere abbattuti per legge. Procedimento che era correttamente indicato, ma soltanto al fondo della carta. Certo: abbiamo sbagliato – riconosce – c’è poco da discutere. Ma non l’abbiamo certo fatto in malafede. D’ora in avanti un asterisco lo indicherà accanto ad ogni piatto. Fine della storia. Tutto quello che è stato trovato nella cucina di Torino – assicura lo chef – è assolutamente tracciato. Semplicemente non sono state riscritte le schede dei singoli fornitori sui registri del ristorante. Evidentemente negli ultimi tre giorni, nessuno ne aveva avuto ancora il tempo. E’ giusto che i ristoranti siano controllati – conclude Antonino – ma se c’è un menù che non è scritto nel modo giusto, forse potrebbe bastare un avvertimento”.
    M.