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Regno Unito, dieci candidati alla corsa Tory: ecco chi sono

Ore decisive in terra britannica: nel Regno Unito sono ben dieci i candidati ammessi alla corsa Tory per il dopo May. Un corpo, corposo e variegato, di personalità diverse, spiccate, che potrebbero suggerire strade in alcuni casi anche particolarmente divergenti rispetto a quelli che sono universalmente considerati come dei capisaldi tories nella terra della Regina.

Ecco chi sono i dieci candidati tories in UK

Mentre decide di ritirarsi dalla corsa Gimah, unico in favore del referendum bis, emergono dunque, i nomi dei candidati alla leadership Tory sulla linea di partenza.

Theresa May ha rassegnato le proprie dimissioni come leader dei Tories. Dunque prende il via l’agguerrita gara per la scelte del successore. Come detto, sono dieci i candidati ammessi per la successione alla leader Theresa May per quanto concerne la guida del Partito Conservatore britannico e, a seguire, di premier del Regno Unito.  Ecco chi sono.

Da un punto di vista statistico e, anche in base ai rumors, pare che il favorito sia Boris Johnson. Ma ci sono anche Michael Gove, Jeremy Hunt, Sajid Javid, Andrea Leadsom, Dominic Raab, Matt Hancock, Rory Stewart, Esther McVey e Mark Harper.

Come detto, non prenderà parte alla ‘competizione’ Sam Gimah, che nei fatti è rimasto il solo a favore di un secondo referendum sulla Brexit: non riuscendo a raccogliere l’appoggio minimo di 8 colleghi deputati per entrare in lizza, non prenderà parte alla gara interna.

In gioco c’è tanto, forse tutto: non solo per quanto riguarda gli equilibri del partito, ma anche per lo scranno più alto della politica britannica, con tutto ciò che questo implica in termini di globalità e, chiaro, nello specifico, di Brexit in quanto tale.

Aggiornamento ore 7,38

I candidati tories alla successione della May hanno potuto presentarsi al ‘casting’, se così lo si può definire, perchè, in base al regolamento, godono dell’appoggio di un numero pari o superiore agli otto deputati.

Proprio i deputati sono chiamati alla scelta, con un mix di viti, i due competitor che arriveranno alle finali. Sembra un reality, ma è la realtà della politica. I due nomi saranno come è ben noto poi, giudicati dalla scure del voto della base del partito e il vincitore verrà eletto nella settimana del 22 luglio.

Ecco una carrellata sugli aspiranti alla guida dei Conservatori e del governo britannico. Si parte da lui, Boris Johnson 54 anni, ex ministro degli Esteri ed ex sindaco di Londra. Pirotecnico nelle dichiarazioni spesso ironiche, noto per le gaffe e per il look biondo e non esattamente sempre impeccabile, Johnson è il più popolare dei canditati.

E’ noto il suo sostegno alla Brexit, e dice che la Gran Bretagna uscirà entro il 31 ottobre con o senza accordo e si propone di essere l’unico vero oppositore al Brexit party di Nigel Farage e ai laburisti di Jeremy Corbyn. Secondo i rumors, Johnson viene dato come favorito.

Poi c’è Michael Gove 51 anni, ministro dell’Ambiente. Molto ambizioso, investito da un’aura da temi sociali e popolari come la lotta contro l’eccesso di plastica, sostiene che un’uscita dall’Ue con no deal porterebbe ad elezioni anticipate.

Secondo quanto afferma il Telegraph, vorrebbe spingere per un altro rinvio della Brexit e di recente pare aver perso consensi dopo aver di aver usato cocaina in gioventù.

Aggiornamento ore 09,48

Tra le figure che si sono candidate al dopo May c’è anche Dominic Raab 45 anni, ex segretario per il negoziato sulla Brexit fra il luglio e il novembre 2018, poi dimissioni per dissidi col governo May. Anche lui mira a rinegoziare l’accordo con l’Ue ed e chiede una uscita anche con un ‘no deal’.

Poi c’è Sajid Javid 49 anni, ministro dell’Interno, musulmano e pachistano quanto a origine, è parimenti per  rinegoziare ma propone una strada ‘digitalizzata’ per il confine irlandese. Pur non opponendosi al deal, dice anche se qualora il parlamento chiedesse un ulteriore rinvio della Brexit non si opporrebbe.

Jeremy Hunt, invece ha 52 anni, ed è ministro degli Esteri. Si espresse per il Remain al referendum. Mira a negoziare l’accordo sostiene che il ‘no deal’ sia un “suicidio politico”.

Poi c’è Esther McVey 51 anni, ministro del Lavoro, e punta alla urgenza di uscire dall’Ue senza accordo. Tra i suoi target, entro ottobre, quello di una frontiera invisibile fra Irlanda e Irlanda del Nord.

E poi c’è Andrea Leadsom 56 anni, reduce da dimissioni da ministro per i rapporti col parlamento il 22 maggio in contrato con la linea di Theresa May sulla Brexit. Per il suo modo di vederla, l’accordo per l’uscita dall’Ue “è morto”, ma si potrebbero sostenere le intese su alcuni punti con i mini accordi.

E ancora: Rory Stewart 46 anni, ministro per lo Sviluppo internazionale, votò Remain ma ammette di rispettare il risultato del referendum. Punta a un compromesso sulla Brexit e si schiera contro Boris Johnson.

Si aggiunge Matt Hancock 40 anni, ministro della Sanità, per cui il ‘no deal’ non è una scelta politica dal momento che verrebbe stoppata dal parlamento. Mark Harper 49 anni, è stato sottosegretario per l’immigrazione e i disabili con Cameron. Fu capogruppo dei e votò Remain ma ora appoggia il rispetto al risultato del referendum.

Aggiornamento ore 13.43