ROMA – IN CENTO RISCHIANO IL LAVORO MA POSTE ITALIANE TACE. MICCOLI (PD): “CON LA CLAUSOLA SOCIALE I LAVORATORI NON HANNO MOTIVO DI MANIFESTARE”

    uptime‘Poste italiane’ è da poco entrata in borsa. Una delle più grandi aziende del bel paese, quindi, è diventata una spa. Nel giro di pochi giorni si è riscontrato un boom di richieste delle azioni. Una domanda dei titoli pari a tre volte più dell’offerta, delinea un futuro più roseo per la società che, come promesso prima di intraprendere questo nuovo corso, assumerà 8mila nuove persone. La privatizzazione, quindi, fa pensare ad un miglioramento dell’efficienza e della condizione dei lavoratori. Ma come sempre accade non è oro tutto quel che luccica. Infatti da settimane 100 lavoratori di UpTime, società partecipata di poste italiane, hanno deciso di incrociare le braccia e di impugnare una vertenza sindacale contro i vertici della azienda. La motivazione che ha spinto queste persone a manifestare il proprio disappunto è la decisione della nuova spa di mettere a gara le attività da sempre gestite dai dipendenti di Uptime che rischiano, ora, di rimanere disoccupati da marzo.

    Uptime spa è la società informatica che da più di 15 anni si occupa di progettazione e gestione dei call center di Poste Italiane. Delle persone che vi lavorano si conoscono solamente le voci. Di queste si sa che hanno l’arduo compito di rispondere ai reclami degli utenti. Nata nel 2003, per volontà del Governo Berlusconi, questa vedeva come soci tre società, Gepin Contact con il 50 per cento delle azioni, Omega con il 30 ed infine SDA con il 20. Nel 2009 con il fallimento di Omega viene rivisto l’assetto societario e l’azionista di maggioranza, l’azienda Gepin del Presidente Enzo Zavaroni, ha rafforzato la sua posizione. Nessuno però avrebbe mai pensato che dà lì a poco il futuro della Uptime sarebbe stato segnato. Infatti nello scorso febbraio venne arrestato per bancarotta fraudolenta proprio il maggior azionista. Per via di queste vicende giuridiche oggi viene messa in discussione tutta la società partecipata di Poste Italiane, causando non pochi problemi ai lavoratori. “Noi siamo a tutti gli effetti dipendenti di Poste – racconta Miriam Criscito rappresentante dei lavoratori – stanno scaricando padri e madri di famiglia con l’intento di ripulire l’immagine dell’azienda, facendo loro pagare il conto di scelte scellerate compiute in passato da alcune manovre politiche che hanno influenzato l’attività di Poste, durante il periodo di attività del Ministro delle comunicazioni Gasparri”. Unica alternativa che emergerebbe sembra quella di sciogliere Uptime e di far assorbire i loro lavoratori all’interno della Gepin che potrebbe aggiudicarsi il lavoro, ad oggi svolto dai dipendenti della partecipata di Poste, senza gara. Uno scenario che però non piace e che spinge ilavoratori di Uptime a lottare per non rischiare di finire in una lenta agonia che li porterebbe a ’morire’ professionalmente dopo un periodo di mobilità. Infatti i diretti interessati, conoscendo la situazione in cui versano i lavoratori della Gepin, non vedono uno spiraglio di luce in tutto ciò. “L’unica soluzione possibile – sottolinea Miriam Criscito – è quella di organizzare un tavolo dove poter discutere sul futuro della società. A questo, oltre ai nostri rappresentanti, dovranno partecipare i sindacati e i vertici di Poste. Questa è l’unica via per poter discutere del futuro di noi lavoratori e incontrare tutte le parti interessate“. Le azioni portate avanti nei giorni scorsi hanno creato un precedente che sta mettendo in difficoltà una grande società che si candida ad essere promotrice di cambiamento e affidabilità.

    Imporre una gara di assegnazione per ripulire, insomma. Promuovere una bando a cui la Uptime non può partecipare, essendo una costola di Sda. Insomma, oltre al danno anche la beffa. Tre le strade tracciate dai rappresentanti dell’Uptime: una mediatica, intenta a sensibilizzare l’opinione pubblica; una sindacale, coinvolgendo i sindacati sia a livello nazionale sia regionale; ed infine la strada politica. Quest’ultima sembra la più tumultuosa ma ha trovato fin da subito sostegno da parte di alcuni deputati membri della commissione parlamentare del lavoro. Uno di questi è l’Onorevole Marco Miccoli (PD) che, mostratosi sensibile al problema, ha dichiarato, “Giuste le preoccupazioni dei lavoratori. La Uptime spa nata dalla cessione del ramo d’azienda call center Sda Express Courier, da quindici anni gestisce il servizio clienti di Poste con affidamento dei lavori diretto. Oggi, però, queste loro prestazioni saranno messe a gara senza alcun impegno per tutelare i lavoratori coinvolti”. Tema caldo che apre nuovamente la strada verso l’approvazione in Parlamento del nuovo codice degli appalti che prevede la clausola sociale e quindi la salvaguardia dei livelli occupazionali in essere. “I cambi di appalti, come sta per accadere con la vicenda Uptime, hanno una caduta negativa sull’occupazione. – ci dice l’Onorevole Miccoli – se fosse in vigore la clausola sociale questi lavoratori, e molti altri, non avrebbero motivo di manifestare per salvaguardare il loro futuro”. Intanto è stata pubblicata un’interrogazione parlamentare, presentata proprio dal Deputato romano. In questa si chiede al Ministro del lavoro, Giuliano Poletti, di mettere a conoscenza i lavoratori della Uptime delle iniziative per la loro salvaguardia tenendo conto dell’approvazione del disegno di legge delega sul nuovo Codice degli appalti.

    Una situazione che vede donne e uomini in bilico su un burrone. Una condizione di instabilità che non giova a queste persone che non sanno più cosa aspettarsi per il futuro. Lavoratori che non demordono e che aspettano una risposta concreta alla loro richiesta di organizzare un tavolo di discussione con i vertici di poste italiane. Gente che nel frattempo usa tutti i mezzi democratici possibili per raggiungere l’obiettivo, come la petizione popolare di charge.org che è arrivata a contare oltre 12mila firme.