Schindler’s List un film ancora potente

    Assistettero sicuramente ad una proiezione dalle emozioni intense i spettatori che, il 30 novembre a Washington e il 1 dicembre a New York, del 1993 parteciparono alle prime proiezioni pubbliche di Schindler’s List. Forse non sapevano di avere davanti agli occhi un film potente, tre ore e un quarto di fotogrammi in bianco e nero dove uno Steven Spielberg stranamente ’maturo’ con Schindler’s List metteva in scena una tragica vicenda realmente successa in Polonia durante la Shoah. Schindler’s List è la storia di Oskar Schlinder, imprenditore tedesco playboy e all’apparenza cinico, scopre man mano il terribile destino che spettava alla popolazione ebraica, sfruttandoli come manovalanza gratuita nelle fabbriche prima di uccideri. La consapevolezza di ciò che stava accadendo lo spinge ad adoperarli alcuni di loro in uno stabile di armamenti, ottenendo autorizzazioni e deroghe per tenerli sotto la sua custodia. Vicino al capannone c’è un campo di lavoro guidato da Amon Goeth, folle gerarca delle SS che spara per piacere ai prigionieri. Nel 1943 Schindler dovrà assistere, inerme, al rastrellamento del ghetto di Cracovia; ma riuscirà a trarre in salvo 1100 operai portandoli in una nuova fabbrica in Cecoslovacchia, dove realizzeranno armi inutilizzabili. Vincitore di sette Oscar, entrato nella lista dei dieci film americani di tutti i tempi, nei 25 anni trascorsi Schindler’s List ha ricevuto enormi gradimenti e una miriade di spettatori. Il progetto, però, era troppo intrepido per non cadere in delle polemiche. In una dichiarazione a Newsweek Spielberg confessò che il film rappresentava, per lui, la scoperta della realtà. Perciò aveva voluto girarloo in bianco e nero, come se stesse realizzando un documentario e senza far uso di storyboard, non adoperando effetti speciali che avrebbero distolto l’attenzione dalla trama. Tutto ciò per ricordare Shoah, il celebre documentario realizzato di Claude Lanzmann del 1985. Lanzmann, però, pensava che si potesse parlare dello sterminio solo mediante le interviste di chi è scampato all’Olocausto, mai in forma di finzione. Cosa che, invece, Spielberg fa a tutti gli effetti, dando al protagonista il fascino di un eroe e alle vicende lo scorrimento di una (terribile) avventura.