Home ATTUALITÀ Si chiude la stagione dei tassi di interesse negativi: cosa succederà?

    Si chiude la stagione dei tassi di interesse negativi: cosa succederà?

    (Adnkronos) – L’era dei tassi di interesse a zero, o negativi, è finita in tutto il mondo. L’ultima mossa della Banca del Giappone ha di fatto sancito un cambiamento di passo globale sul finire del 2022. Pur mantenendo il tasso d’interesse overnight a -0,1%, Tokyo ha modificato il suo quadro di controllo della curva dei rendimenti, con il rendimento a 2 anni tornato positivo come non accadeva dal 2015. 

    I dati affermano che dopo la mossa nipponica, il debito globale con rendimenti negativi vale ora 686 miliardi di dollari, rispetto agli oltre 11.000 miliardi di dollari di fine 2021. 

    Come spiegato da Money.it, con i tassi in aumento sta per cambiare tutta la finanzia globale. Con l’inflazione alta, le banche centrali intervengono per freddare la domanda, aumentando il tasso di interesse, ciò che si paga per prestiti. In questo modo investimenti e consumi si limitano, la domanda frena e i prezzi scendono. 

    I tassi di interesse elevati, però, costringono a pagare di più per onorare i propri debiti, inclusi mutui, prestiti per auto, carte di credito. In un’economia in gran parte stagnante in cui i salari non tengono il passo con l’inflazione questo significa tagliare i consumi. La produzione industriale frenerà e darà una spinta alla disoccupazione. 

    Con i mutui sempre più costosi, anche il mercato immobiliare sarà scosso. E in Italia cosa accadrà? Il nostro Paese ha già subito l’impennata dello spread quando la Bce ha dichiarato che gli aumenti dei tassi continueranno e che gli acquisti di obbligazioni della banca si ridurranno. 

    Il punto è che il debito italiano è elevato e la spesa pubblica è sotto pressione con il caro bollette che sta obbligando il governo a intervenire con aiuti per consumatori e imprese. Se l’inflazione non inizierà a scendere, la Bce non mollerà la sua politica di rialzo tassi. 

    Di conseguenza, gli interessi che lo Stato italiano dovrà sborsare per le sue obbligazioni peseranno di più sul Pil e toglieranno risorse importanti, non traducibili in crescita.