Si è spenta la Panaro, indimenticata di Poveri ma belli

    Al suo bellissimo volto pulito e giovanile, che veniva raccolto nell’oggi abusato ‘acqua e sapone’, è legata la cinematografia spensierata ed adolescenziale degli anni ’50. Quando, spalle all’orrore della guerra, i giovani guardavano ad un futuro finalmente possibile, tutto da inventare.
    Nella Capitale si prendeva il sole e si nuotava lungo il Tevere, le case avevano spesso un bagno in comune nei ballatoi dei cortili, ed i riscaldamenti non esistevano. Il Centro Storico raccoglieva il cuore della romanità e la splendida innocenza della sua gente, spesso ignorante ma con un cuore grande, spargeva nell’aria le contagiose arie ‘festaiole’ dei paesi in festa. Così come in quelle periferie  pigre ed indolenti, dove andavano ad accatastarsi tubi innocenti e gru. Le stesse che un giovane poeta friulano, nelle sue ricerche ‘antropologiche’ ed urbane, seppe valorizzare dando loro un preciso valore culturale nell’ambito di quell’omologazione dilagante che negli anni a venire avrebbe letteralmente deturpato la società.
    Qui la cinematografia attinse per raccontare le diverse sfaccettature di quelle povere anime ferite ed umiliate dagli stenti bellici, in cerca di riscatto (vedi il neorealismo), così come, di contro, la realtà per certi versi ‘incosciente’ (rispetto ad i tempi) dei giovani ‘figli della guerra’.
    Storie semplici e al tempo stesse complesse, perché la ricerca di un’identità interiore e la voglia smisurata di misurare ed imporre il proprio Io in un momento storico di grandi opportunità – in termini di entusiasmo – non era ancora subordinato da velleità estetiche o, come sarebbe accaduto più tardi – da condizionamenti ‘modaioli’.
    Una realtà, tra sentimenti e disincanto, che nel 1956 Dino Risi volle portare sul grande schermo con ‘Poveri ma belli’. Un vero e proprio successo cinematografico interpretato da Maurizio Arena e Renato Salvatori (i belli per eccellenza che lasceranno nella loro carriera filmiche diverse opere interessanti), la simpatica Marisa Allasio (l’irresistibile ed ingenua fidanzatina del Sordi ‘Americano a Roma’), poi Alessandra Panaro e Lorella de Luca (le due che nel ‘Musichiere’ di Riva, vennero definite ‘la fidanzata d’Italia’), quindi attori rodati come Ettore manni, Virgilio Riento, ed i fratelli Carotenuto (Memmo e Mario), divenuti i ‘caratteristi’ per eccellenza del cinema italiano. Tale fu il successo che a questo seguirono poi ’Belle ma povere’ e ’Poveri milionari’
    Altri mondi, epoche ormai lontane ma fortemente radicate nella nostra cultura. E stanotte se ne è andata un’altra di questi allora scanzonati giovani romani. All’età di 79 anni infatti, si è spenta a Ginevra (dove viveva da anni), anche Alessandra Panaro. Classe 1939 l’attrice figurò in molte altre pellicole di successo – lavorò un po’ con tutti da Blasetti a Visconti, e acanto a Totò) come la ‘Lazzarella’ cantata da Modugno  (1957), per la regia di Carlo Ludovico Bragaglia, e in ‘Cerasella’ (1959), con un giovanissimo Terence Hill (allora era ancora Mario Girotti), sotto la regia di Raffaello Matarazzo.
    Alessandra Panaro, dopo il primo matrimonio con il banchiere Jean-Pierre Sabet (poi scomparso nel 1983), sposò l’attore Giancarlo Sbragia, morto anch’egli, nel 1994.
    Max