Si risveglia dal coma dopo 28 anni: la storia di Munira

    La speranza è l’ultima a morire. I detti antichi sono quasi sempre validi, ed è proprio il caso di Munira Abdulla, una donna che nel lontano 1991 aveva subito un gravissimo incidente stradale, con conseguenze disastrose: lesione cerebrale e stato di coma irreversibile. Almeno fino ai nostri anni, perché per qualche ragione (che sia scientifica o spirituale) Munira si è risvegliata, incredibilmente, dopo 28 anni.

    Si risveglia dal coma dopo 28 anni: mai perdere la speranza

    Munira aveva 32 anni quando era entrata, in seguito all’incidente con l’auto, in uno stato di semi coscienza: nessuna reazione ma riusciva a percepire il dolore. La donna è stata alimentata con le macchine, e grande l’impegno che c’è stato da parte di infermieri e fisioterapisti, per prendersi cura di lei e farle effettuare esercizi e movimenti per mantenere in buono stato la muscolatura. Poi il miracoloso risveglio, dopo quasi 30 anni: “Non ho mai rinunciato a lei perché ho sempre avuto la sensazione che un giorno si sarebbe svegliata” ha detto il figlio Omar Webair al The National.
    Un risultato che probabilmente arriva da lontano. Nel 2017 il principe ereditario di Abu Dhabi si accollò la spesa per alcuni trattamenti specifici in Germania, che promettevano di garantire alla donna un riposo maggiore e migliore percezione ambientale. Nel giugno del 2018, poi, il figlio è stato svegliato dalla voce della madre Munira: “Ha iniziato a chiamarmi. Ho sognato quel momento per tutti questi anni, e la prima cosa che ha detto dopo 28 anni è stato il mio nome”. Il percorso, da lì, è stato lungo: la donna ha piano piano acquisito più autonomia e facoltà. Oggi ha fatto ritorno ad Abu Dhabi e grazie agli esercizi che ha compiuto ha di nuovo la possibilità di pregare, farsi capire nel momento in cui percepisce un dolore e addirittura provare a fare quattro chiacchiere. “La ragione per cui ho condiviso la sua storia”, ha detto il figlio “è per dire alla gente non perdete la speranza, non considerateli morti quando si trovano in questo stato. Per anni i dottori mi hanno detto che era un caso senza speranza e che non c’era motivo per il trattamento che stavo cercando per lei, ma ogni volta che mi trovavo in dubbio, mi sono messo al suo posto e ho fatto tutto il possibile per migliorare le sue condizioni”.